domenica 2 aprile 2017

Cambiare il regolamento di Sanremo: qualità o regressione?

C’è aria di cambiamento per il Festival di Sanremo. Mogol, Mario Lavezzi e Franco Mussida, tre grandi firme della canzone italiana, hanno lanciato una petizione per modificare il regolamento della kermesse canora più importante d’Italia, già firmata da grandi nomi come Maurizio Costanzo, Gigi D’Alessio e Ornella Vanoni.

Per evitare che le case discografiche spingano sui propri artisti e manipolino le sorti delle canzoni del Festival promuovendo i personaggi più noti e acclamati dal pubblico del momento, le tre colonne della musica italica propongono di selezionare prima i brani e di abbinare questi ultimi agli interpreti in un secondo momento. La giuria che dovrà scegliere i pezzi dovrà essere composta da “professionisti di indiscutibile esperienza”, come ha spiegato Lavezzi, mentre sarà compito del direttore artistico assegnare le canzoni ai cantanti, proposti dalle case discografiche. Se la richiesta non venisse presa in considerazione, prosegue Lavezzi, “si potrebbe pensare a una trasmissione alternativa, magari con l’appoggio di Sky o Mediaset (…). Magari in autunno, a favore del mercato natalizio.”



L’intenzione è ottima, in fondo sappiamo tutti che il Festival di Sanremo è diventato un lunghissimo varietà di cinque serate, a tratti, pure un po’ noioso; spesso ci ricordiamo più degli ospiti e dei conduttori che non dei cantanti e delle canzoni in gara. Prendiamo ad esempio Gabbani: si è distinto con un pezzo che merita, ma senza dubbio è stato aiutato dalla scimmia che balla. Quest’iniziativa va nel senso opposto: premiare gli autori e gli interpreti dovranno, appunto, solo interpretare: un concetto da Sanremo delle origini, che sì, avrà pure sfornato delle canzoni che canticchiamo tutti ancora oggi, ma è altrettanto vero che, a quel tempo, non c’era praticamente concorrenza: inizialmente il Festival della Canzone Italiana era l’unico evento musicale presente nel Bel Paese e i nomi degli artisti erano conosciuti proprio perché partecipavano a questa competizione; inoltre, il Festival di Castrocaro e altri concorsi canori che sono venuti dopo non hanno lo stesso blasone di Sanremo.

Oggi c’è di tutto per tutti, la “voracità” con cui i successi vengono consumati da utenti, radio e tv è incredibile. In questo calderone spesso non viene premiata la qualità, ma l’orecchiabilità e il primo impatto. I talent si sprecano, in cerca di personaggi sempre nuovi e sempre più originali, in cerca di voci più che di testi, nonostante ci sia sempre spazio per i cantautori.

Tuttavia, credo che dare più importanza agli autori, che non sapranno quali voci interpreteranno i loro brani ma potranno solo immaginarsele, non sia una mossa vincente; la canzone non è solo testo e musica, è anche voce e presenza scenica: sono quattro elementi imprescindibili che segnano un sicuro successo.

Penso che ci siano altri modi per migliorare Sanremo, come scegliere una giuria di qualità che abbia davvero le conoscenze adatte e non solo la fama, o ridurre il potere del televoto, che, si sa, è pilotato da quando l’hanno introdotto. Insomma, Mogol, Lavezzi e Mussida hanno avuto dei buoni propositi ma un'idea troppo restauratrice e, secondo il mio modesto parere di profana, controproducente. 

Neifile

Nessun commento:

Posta un commento