C’è aria di cambiamento per il Festival di Sanremo. Mogol,
Mario Lavezzi e Franco Mussida, tre grandi firme della canzone italiana, hanno
lanciato una petizione per modificare il regolamento della kermesse canora più
importante d’Italia, già firmata da grandi nomi come Maurizio Costanzo, Gigi D’Alessio
e Ornella Vanoni.
Per evitare che le case discografiche spingano sui propri
artisti e manipolino le sorti delle canzoni del Festival promuovendo i
personaggi più noti e acclamati dal pubblico del momento, le tre colonne della
musica italica propongono di selezionare prima i brani e di abbinare questi
ultimi agli interpreti in un secondo momento. La giuria che dovrà scegliere i
pezzi dovrà essere composta da “professionisti di indiscutibile esperienza”, come
ha spiegato Lavezzi, mentre sarà compito del direttore artistico assegnare le
canzoni ai cantanti, proposti dalle case discografiche. Se la richiesta non
venisse presa in considerazione, prosegue Lavezzi, “si potrebbe pensare a una
trasmissione alternativa, magari con l’appoggio di Sky o Mediaset (…). Magari
in autunno, a favore del mercato natalizio.”
L’intenzione è ottima, in fondo sappiamo tutti che il
Festival di Sanremo è diventato un lunghissimo varietà di cinque serate, a tratti,
pure un po’ noioso; spesso ci ricordiamo più degli ospiti e dei conduttori che non dei
cantanti e delle canzoni in gara. Prendiamo ad esempio Gabbani: si è distinto
con un pezzo che merita, ma senza dubbio è stato aiutato dalla scimmia che
balla. Quest’iniziativa va nel senso opposto: premiare gli autori e gli
interpreti dovranno, appunto, solo interpretare: un concetto da Sanremo
delle origini, che sì, avrà pure sfornato delle canzoni che canticchiamo tutti
ancora oggi, ma è altrettanto vero che, a quel tempo, non c’era praticamente
concorrenza: inizialmente il Festival della Canzone Italiana era l’unico evento
musicale presente nel Bel Paese e i nomi degli artisti erano conosciuti proprio
perché partecipavano a questa competizione; inoltre, il Festival di
Castrocaro e altri concorsi canori che sono venuti dopo non hanno lo stesso blasone di Sanremo.
Oggi c’è di tutto per tutti, la “voracità” con cui i
successi vengono consumati da utenti, radio e tv è incredibile. In questo
calderone spesso non viene premiata la qualità, ma l’orecchiabilità e il primo
impatto. I talent si sprecano, in cerca di personaggi sempre nuovi e sempre più
originali, in cerca di voci più che di testi, nonostante ci sia sempre spazio
per i cantautori.
Tuttavia, credo che dare più importanza agli autori, che non
sapranno quali voci interpreteranno i loro brani ma potranno solo immaginarsele, non sia una mossa vincente; la canzone non è solo testo e musica, è anche voce e
presenza scenica: sono quattro elementi imprescindibili che segnano un sicuro
successo.
Penso che ci siano altri modi per migliorare Sanremo, come
scegliere una giuria di qualità che abbia davvero le conoscenze adatte e non
solo la fama, o ridurre il potere del televoto, che, si sa, è pilotato da
quando l’hanno introdotto. Insomma, Mogol, Lavezzi e Mussida hanno avuto dei buoni propositi ma un'idea troppo
restauratrice e, secondo il mio modesto
parere di profana, controproducente.
Neifile
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