lunedì 28 novembre 2016

Perché votare No al Referendum Costituzionale

Ci sono molti motivi per dire di No alla riforma costituzionale della legge Boschi-Renzi, intitolata “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del  titolo  V  della parte II della Costituzione”. Molti hanno indicato dei motivi politici, altri di contorno; io cercherò di entrare nel merito del testo della riforma, cercando di esprimere le mie opinioni nel modo più chiaro possibile.

La prima cosa che si legge è l’equilibrio di genere imposto: infatti il testo promuove “l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”, senza considerare il merito delle persone scelte, l’importante è che siano donne e uomini in egual misura.

Per quanto riguarda la differenza tra Senato e Camera dei Deputati, quest’ultima è molto più importante del primo; infatti, “La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell'operato del Governo.” Questo significa che ha i poteri della Camera dei Deputati e del “vecchio” Senato, che era nato per bilanciare le iniziative del Governo e le funzioni legislative della Camera stessa.

Maria Elena Boschi e Matteo Renzi


Il “nuovo” Senato rappresenta le istituzioni territoriali e fa da intermediario tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica, ossia le Regioni, i Comuni e le Città Metropolitane, e l’Unione europea; in particolare attua le disposizioni europee e verifica l’impatto che esse hanno sui territori che rappresentano. I senatori sono passati da 315 a 100, 95 senatori scelti tra consiglieri regionali e sindaci e 5 senatori a vita (che in realtà lo saranno solo per sette anni, ad eccezione degli ex Presidenti della Repubblica) nominati dal Presidente della Repubblica. Sinceramente, nessuno sa quante volte i senatori staranno realmente in Senato: lo stesso Renzi, in un dibattito tv, aveva accennato che si sarebbero potuti riunire una volta al mese. Ora, perché dovrei volere un Senato che non lavora? E che se lavora lo fa dopo che tutti gli impegni dei vari senatori sono stati assolti? Infatti, nessuno dei senatori lascerà il posto di sindaco o di consigliere regionale, quindi qualcuno ha anche parlato di “dopolavoro”. Senza contare che scelgo, peraltro limitatamente, dato che mi si dà una lista di nomi precompilata dal partito che propone i suoi candidati, dei consiglieri regionali e dei sindaci perché facciano quello per cui li voto, e non perché si occupino di disposizioni europee. Inoltre ci sarà una girandola di nomine, in quanto questi senatori restano tali solo finché il loro mandato come consiglieri regionali o sindaci non scade; quindi durano al massimo cinque anni, ma potrebbero anche andarsene prima, e venire sostituiti da altri.

La Camera dei Deputati, con il suo regolamento, “disciplina lo Statuto delle opposizioni”: questo significa che le opposizioni si comporteranno secondo quanto sceglierà la Camera dei Deputati.

Le leggi che vengono esaminate sia alla Camera che al Senato sono: quelle di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, ma soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni concernenti la tutela di minoranze linguistiche, referendum popolari e altre forme di consultazione; quelle che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane, nonché le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni; quella che stabilisce le norme generali, le forme e i termini di partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea; quella che determina i casi di ineleggibilità con l’ufficio del senatore; entrambe le Camere si occuperanno anche delle leggi che determinano o disciplinano: la composizione dei seggi al Senato, l’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, l’ordinamento di Roma, i casi di autonomia per le Regioni non a Statuto speciale, le competenze delle Province Autonome di Trento e Bolzano, gli accordi delle Regioni con Stati ed entità territoriali all’interno del territorio italiano, l’equilibrio di bilancio, i casi in cui il Governo si può sostituire agli enti territoriali, le norme sul sistema di elezione, sull’ineleggibilità e l’incompatibilità del Presidente della Giunta regionale, degli altri membri della Giunta e dei consiglieri regionali e lo spostamento dei Comuni da una Regione all’altra. Tutte le altre leggi vengono approvate solo dalla Camera dei Deputati.


Il bicameralismo paritario si “supera” così: ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati viene immediatamente trasmesso al Senato che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. Quindi il Senato può scegliere di non esaminare le proposte di legge provenienti dalla Camera; inoltre, se il Senato non riesce a deliberare entro i termini prestabiliti, la legge viene promulgata lo stesso. La Camera può decidere di non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato a maggioranza assoluta dei suoi componenti solo se la maggioranza assoluta dei componenti della Camera non considera queste modificazioni valide. Il Senato può, infine, secondo quanto previsto dal regolamento, svolgere azioni conoscitive e formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati. A mio parere, spesso questo ping pong sarà inutile, per quanto più veloce di prima; la prima stesura prevedeva l’abolizione totale del Senato, questo compromesso è fatto male e complica le cose.

Il popolo può proporre delle leggi solo se le firmano 150000 persone, tre volte tanto quanto era il limite minimo di prima. Si possono proporre solo referendum popolari e d’indirizzo; per quelli abrogativi il limite minimo è 500000, ma può essere approvato solo dalla maggioranza degli elettori aventi diritto, mentre se si raggiungono le 800000 firme, può essere approvato dagli ultimi elettori della Camera dei Deputati. Il Parlamento si impegna a deliberare sulle leggi richieste e ad attuare i referendum.

Come ho già accennato, le Camere riunite possono decidere sui trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea. In quanto europeista convinta, voterei No solo per questo spauracchio di una possibile Italexit. Se uscissimo dall’Unione, finiremmo nei guai: il debito pubblico ci soffocherebbe, e non avremmo tutti quei privilegi che si hanno in una federazione di Stati.

La Camera dei Deputati decide da sola sulla legge di bilancio. E gli enti territoriali rappresentati dal Senato che fanno? Accettano passivamente le decisioni prese dall’alto?

Per quanto concerne l’elezione del Presidente della Repubblica, si sfiora il tragicomico. Se prima bastavano tre scrutini massimo per l’elezione, adesso ne vengono previsti più di sette. Un’elezione infinita, in pratica, data la lentezza con cui ci si mette d’accordo e con cui si fanno gli scrutini.
Con questa riforma, il Governo, nel caso richiedesse la fiducia, può ottenerla dalla sola Camera dei Deputati e non più da entrambe le Camere. Una cosa che accelererà di sicuro gli iter legislativi, soprattutto se vengono fatti a colpi di fiducia.

Le Province vengono abolite. Personalmente, credo che le piccole realtà ne risentiranno parecchio: avere degli organi intermedi tra il Comune e la Regione era comodo e dava importanza al territorio, distribuendo equamente le ricchezze; adesso ci si basa sulla densità della popolazione per quanto riguarda la collocazione di ospedali, scuole e uffici, perciò i Comuni più grandi e le città metropolitane prenderanno il sopravvento sui Comuni più piccoli e meno popolati.



Vi è un accentramento da parte dello Stato per quanto riguarda diverse materie. Vi sono alcune materie su cui non condivido l’accentramento o che mi lasciano perplessa. Per esempio, lo Stato vuole disciplinare sulle attività culturali e sul turismo, creando un’immagine nazionale che sia più competitiva sul mercato internazionale. Niente di più sbagliato: l’Italia è bella proprio perché è varia, perché le singole realtà locali accontentano tutte le tipologie di turista, da quello più attratto dall’arte e dalla città a quello che vuole immergersi nella natura e magari adottare un melo. In casi come questo, sarebbero state gradite più delle linee generali, nel rispetto dell’autonomia dei territori che sanno meglio dello Stato cosa è più attraente e cosa è più conveniente a fini turistici. Inoltre, il fatto che lo Stato tuteli l’ambiente e l’ecosistema assieme alla produzione dell’energia, mi fa pensare a una cosa: le trivelle. Oppure, sul connubio tra ambiente e infrastrutture strategiche, mi vengono subito in mente le grandi opere come il ponte sullo Stretto di Messina.

Alle Regioni, a meno che non siano quelle a Statuto speciale, rimane ben poco: la rappresentanza delle minoranze linguistiche, la pianificazione del territorio regionale e la mobilità al suo interno, la dotazione infrastrutturale, la programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, la promozione dello sviluppo economico locale e l’organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale.


Questi sono i miei motivi per votare No al referendum costituzionale. Ho saltato i motivi di contorno, come ad esempio il conflitto di interessi tra la riforma e la legge elettorale, che, a detta di alcuni, porterebbe a una “deriva autoritaria”.  Ho cercato di non essere troppo di parte, scrivendo commenti personali sul Presidente del Consiglio e sul Governo. Tengo a tal proposito a precisare che mi piacerebbe che si votasse non per motivi politici, come mantenere o far cadere il Governo (cosa che non avverrà comunque, a mio avviso), ma per la nostra Costituzione, che, ok, non è perfetta, ma poteva essere modificata meno e meglio. Magari con una riforma più breve e meno complicata, cosa che ha fatto subito dire ai detrattori che non si poteva leggere né che un cittadino digiuno di diritto poteva capire. Beh, io, cittadina digiuna di diritto, l’ho capita, pur con grande difficoltà e con la Costituzione vecchia alla mano. È stato un lavoraccio, e se non mi avesse aiutato un po’ Superman, che ringrazio, non ne sarei venuta a capo. 

Neifile

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