Ci sono molti motivi per dire di No alla riforma
costituzionale della legge Boschi-Renzi, intitolata “Disposizioni per il
superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei
parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la
soppressione del CNEL e la revisione del
titolo V della parte II della Costituzione”. Molti
hanno indicato dei motivi politici, altri di contorno; io cercherò di entrare
nel merito del testo della riforma, cercando di esprimere le mie opinioni nel
modo più chiaro possibile.
La prima cosa che si legge è l’equilibrio di genere imposto:
infatti il testo promuove “l’equilibrio tra donne e uomini nella
rappresentanza”, senza considerare il merito delle persone scelte, l’importante
è che siano donne e uomini in egual misura.
Per quanto riguarda la differenza tra Senato e Camera dei
Deputati, quest’ultima è molto più importante del primo; infatti, “La Camera
dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la
funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo
dell'operato del Governo.” Questo significa che ha i poteri della Camera dei
Deputati e del “vecchio” Senato, che era nato per bilanciare le iniziative del
Governo e le funzioni legislative della Camera stessa.
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Maria Elena Boschi e Matteo Renzi |
Il “nuovo” Senato rappresenta le istituzioni territoriali e
fa da intermediario tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica,
ossia le Regioni, i Comuni e le Città Metropolitane, e l’Unione europea; in
particolare attua le disposizioni europee e verifica l’impatto che esse hanno
sui territori che rappresentano. I senatori sono passati da 315 a 100, 95
senatori scelti tra consiglieri regionali e sindaci e 5 senatori a vita (che in
realtà lo saranno solo per sette anni, ad eccezione degli ex Presidenti della
Repubblica) nominati dal Presidente della Repubblica. Sinceramente, nessuno sa
quante volte i senatori staranno realmente in Senato: lo stesso Renzi, in un
dibattito tv, aveva accennato che si sarebbero potuti riunire una volta al
mese. Ora, perché dovrei volere un Senato che non lavora? E che se lavora lo fa
dopo che tutti gli impegni dei vari senatori sono stati assolti? Infatti,
nessuno dei senatori lascerà il posto di sindaco o di consigliere regionale,
quindi qualcuno ha anche parlato di “dopolavoro”. Senza contare che scelgo,
peraltro limitatamente, dato che mi si dà una lista di nomi precompilata dal
partito che propone i suoi candidati, dei consiglieri regionali e dei sindaci
perché facciano quello per cui li voto, e non perché si occupino di disposizioni
europee. Inoltre ci sarà una girandola di nomine, in quanto questi senatori
restano tali solo finché il loro mandato come consiglieri regionali o sindaci
non scade; quindi durano al massimo cinque anni, ma potrebbero anche andarsene
prima, e venire sostituiti da altri.
La Camera dei Deputati, con il suo regolamento, “disciplina
lo Statuto delle opposizioni”: questo significa che le opposizioni si
comporteranno secondo quanto sceglierà la Camera dei Deputati.
Le leggi che vengono esaminate sia alla Camera che al Senato
sono: quelle di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali,
ma soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni concernenti la tutela
di minoranze linguistiche, referendum popolari e altre forme di consultazione;
quelle che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di
governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane,
nonché le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni; quella
che stabilisce le norme generali, le forme e i termini di partecipazione
dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche
dell’Unione Europea; quella che determina i casi di ineleggibilità con
l’ufficio del senatore; entrambe le Camere si occuperanno anche delle leggi che
determinano o disciplinano: la composizione dei seggi al Senato, l’appartenenza
dell’Italia all’Unione Europea, l’ordinamento di Roma, i casi di autonomia per
le Regioni non a Statuto speciale, le competenze delle Province Autonome di
Trento e Bolzano, gli accordi delle Regioni con Stati ed entità territoriali
all’interno del territorio italiano, l’equilibrio di bilancio, i casi in cui il
Governo si può sostituire agli enti territoriali, le norme sul sistema di
elezione, sull’ineleggibilità e l’incompatibilità del Presidente della Giunta
regionale, degli altri membri della Giunta e dei consiglieri regionali e lo
spostamento dei Comuni da una Regione all’altra. Tutte le altre leggi vengono
approvate solo dalla Camera dei Deputati.
Il bicameralismo paritario si “supera” così: ogni disegno di
legge approvato dalla Camera dei deputati viene immediatamente trasmesso al
Senato che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti,
può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato può
deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera si
pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato non disponga di procedere
all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la
Camera si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.
Quindi il Senato può scegliere di non esaminare le proposte di legge provenienti
dalla Camera; inoltre, se il Senato non riesce a deliberare entro i termini
prestabiliti, la legge viene promulgata lo stesso. La Camera può decidere di
non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato a maggioranza assoluta
dei suoi componenti solo se la maggioranza assoluta dei componenti della Camera
non considera queste modificazioni valide. Il Senato può, infine, secondo
quanto previsto dal regolamento, svolgere azioni conoscitive e formulare
osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati. A mio
parere, spesso questo ping pong sarà inutile, per quanto più veloce di prima;
la prima stesura prevedeva l’abolizione totale del Senato, questo compromesso è
fatto male e complica le cose.
Il popolo può proporre delle leggi solo se le firmano 150000
persone, tre volte tanto quanto era il limite minimo di prima. Si possono
proporre solo referendum popolari e d’indirizzo; per quelli abrogativi il
limite minimo è 500000, ma può essere approvato solo dalla maggioranza degli
elettori aventi diritto, mentre se si raggiungono le 800000 firme, può essere
approvato dagli ultimi elettori della Camera dei Deputati. Il Parlamento si
impegna a deliberare sulle leggi richieste e ad attuare i referendum.
Come ho già accennato, le Camere riunite possono decidere
sui trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea. In
quanto europeista convinta, voterei No solo per questo spauracchio di una
possibile Italexit. Se uscissimo dall’Unione, finiremmo nei guai: il debito pubblico
ci soffocherebbe, e non avremmo tutti quei privilegi che si hanno in una
federazione di Stati.
La Camera dei Deputati decide da sola sulla legge di
bilancio. E gli enti territoriali rappresentati dal Senato che fanno? Accettano
passivamente le decisioni prese dall’alto?
Per quanto concerne l’elezione del Presidente della
Repubblica, si sfiora il tragicomico. Se prima bastavano tre scrutini massimo
per l’elezione, adesso ne vengono previsti più di sette. Un’elezione infinita,
in pratica, data la lentezza con cui ci si mette d’accordo e con cui si fanno
gli scrutini.
Con questa riforma, il Governo, nel caso richiedesse la
fiducia, può ottenerla dalla sola Camera dei Deputati e non più da entrambe le
Camere. Una cosa che accelererà di sicuro gli iter legislativi, soprattutto se
vengono fatti a colpi di fiducia.
Le Province vengono abolite. Personalmente, credo che le
piccole realtà ne risentiranno parecchio: avere degli organi intermedi tra il
Comune e la Regione era comodo e dava importanza al territorio, distribuendo
equamente le ricchezze; adesso ci si basa sulla densità della popolazione per
quanto riguarda la collocazione di ospedali, scuole e uffici, perciò i Comuni
più grandi e le città metropolitane prenderanno il sopravvento sui Comuni più
piccoli e meno popolati.
Vi è un accentramento da parte dello Stato per quanto riguarda
diverse materie. Vi sono alcune materie su cui non condivido l’accentramento o
che mi lasciano perplessa. Per esempio, lo Stato vuole disciplinare sulle
attività culturali e sul turismo, creando un’immagine nazionale che sia più
competitiva sul mercato internazionale. Niente di più sbagliato: l’Italia è
bella proprio perché è varia, perché le singole realtà locali accontentano
tutte le tipologie di turista, da quello più attratto dall’arte e dalla città a
quello che vuole immergersi nella natura e magari adottare un melo. In casi
come questo, sarebbero state gradite più delle linee generali, nel rispetto
dell’autonomia dei territori che sanno meglio dello Stato cosa è più attraente
e cosa è più conveniente a fini turistici. Inoltre, il fatto che lo Stato
tuteli l’ambiente e l’ecosistema assieme alla produzione dell’energia, mi fa
pensare a una cosa: le trivelle. Oppure, sul connubio tra ambiente e
infrastrutture strategiche, mi vengono subito in mente le grandi opere come il
ponte sullo Stretto di Messina.
Alle Regioni, a meno che non siano quelle a Statuto
speciale, rimane ben poco: la rappresentanza delle minoranze linguistiche, la
pianificazione del territorio regionale e la mobilità al suo interno, la
dotazione infrastrutturale, la programmazione e organizzazione dei servizi
sanitari e sociali, la promozione dello sviluppo economico locale e
l’organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della
formazione professionale.
Questi sono i miei motivi per votare No al referendum
costituzionale. Ho saltato i motivi di contorno, come ad esempio il conflitto
di interessi tra la riforma e la legge elettorale, che, a detta di alcuni,
porterebbe a una “deriva autoritaria”.
Ho cercato di non essere troppo di parte, scrivendo commenti personali
sul Presidente del Consiglio e sul Governo. Tengo a tal proposito a precisare
che mi piacerebbe che si votasse non per motivi politici, come mantenere o far
cadere il Governo (cosa che non avverrà comunque, a mio avviso), ma per la
nostra Costituzione, che, ok, non è perfetta, ma poteva essere modificata meno
e meglio. Magari con una riforma più breve e meno complicata, cosa che ha fatto
subito dire ai detrattori che non si poteva leggere né che un cittadino digiuno
di diritto poteva capire. Beh, io, cittadina digiuna di diritto, l’ho capita,
pur con grande difficoltà e con la Costituzione vecchia alla mano. È stato un
lavoraccio, e se non mi avesse aiutato un po’ Superman, che ringrazio, non ne
sarei venuta a capo.
Neifile
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