lunedì 7 novembre 2016

L’area grigia nell’uso del web

Un’altra sentenza singolare ha colpito la mia attenzione. Giorni fa il Tribunale civile di Napoli nord ha rigettato parzialmente il reclamo di Facebook Ireland e dato ragione alla madre di Tiziana Cantone, la ragazza che si è suicidata il 13 settembre scorso (ne parlo qui, nel post “Diritto alla vita nonostante il web”: http://formal-mente.blogspot.it/2016/09/diritto-alla-vita-nonostante-il-web.html).

I link, i contenuti e le informazioni relative a Tiziana dovevano essere rimosse come richiesto da lei stessa, perché non c’era più la licenza da parte dell’interessata di mostrarli. Tuttavia, il giudice ha accolto la parte del reclamo in cui Facebook Ireland dichiara che non può togliere in via preventiva tutti i contenuti e tutte le informazioni caricate sul social che non corrispondono alla sua politica.
A questo punto la madre di Tiziana si augura che Facebook collabori alle indagini dando le informazioni di contatto degli account falsi che hanno aperto le pagine su cui sono stati caricati i contenuti diffamatori e i commenti offensivi, insomma la gogna mediatica che ha dovuto subire la povera Tiziana. Dal canto suo, Facebook ha dichiarato di aver accolto la decisione del tribunale, perché indica che il social network, come gli altri hosting provider, non è tenuto al monitoraggio preventivo dei contenuti.


In questo contesto, credo che ci sia tanta ipocrisia da parte di Facebook. Se è sempre pronto a eliminare foto e video di nudo, non toglie con altrettanta sollecitudine i video dei bulli, per esempio, o i commenti offensivi. Il caso di Tiziana, poi, è eclatante: ricordo che lei stessa aveva chiesto, più volte, il diritto all’oblio, e nessun social o sito ha accolto la sua richiesta. Fuori dal web ci sono tante vite spezzate dalla potenza di Internet, in cui un contenuto qualsiasi, una volta caricato, rimane per sempre. E può far male per sempre. Solo gli utenti che l’hanno caricato e gli hosting provider sono in grado di rimuovere i contenuti, ammesso che la loro diffusione non li abbia fatti comparire altrove. È un circolo vizioso che andrebbe spezzato con norme più chiare e più severe.

Nonostante le aspettative della madre di Tiziana sulla collaborazione da parte di Facebook alle indagini, il social non lo farà mai; anche perché non può farlo, per via della legge sulla privacy. Su questo argomento mi trovo combattuta: se è vero che, da un lato, la privacy è importante e che se Facebook desse le informazioni di contatto di tutti quelli che hanno denigrato Tiziana non la finirebbe più e per di più si creerebbe un precedente che minerebbe la libertà di espressione, dall’altro ritengo che, in un mondo più giusto, i responsabili avrebbero già pagato, quantomeno con delle sanzioni.


Siamo in un’area grigia nell’uso del web. E purtroppo non ci si rende mai abbastanza conto di quanto Internet sia potente finché, nel mondo reale, qualcuno non si fa male o non si toglie la vita.

Neifile

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