Un’altra sentenza singolare ha colpito la mia attenzione. Giorni fa il Tribunale civile di Napoli nord ha rigettato parzialmente il
reclamo di Facebook Ireland e dato ragione alla madre di Tiziana Cantone, la
ragazza che si è suicidata il 13 settembre scorso (ne parlo qui, nel post “Diritto
alla vita nonostante il web”: http://formal-mente.blogspot.it/2016/09/diritto-alla-vita-nonostante-il-web.html).
I link, i contenuti e le informazioni relative a Tiziana
dovevano essere rimosse come richiesto da lei stessa, perché non c’era più la
licenza da parte dell’interessata di mostrarli. Tuttavia, il giudice ha accolto
la parte del reclamo in cui Facebook Ireland dichiara che non può togliere in
via preventiva tutti i contenuti e tutte le informazioni caricate sul social
che non corrispondono alla sua politica.
A questo punto la madre di Tiziana si augura che Facebook
collabori alle indagini dando le informazioni di contatto degli account falsi
che hanno aperto le pagine su cui sono stati caricati i contenuti diffamatori e
i commenti offensivi, insomma la gogna mediatica che ha dovuto subire la povera
Tiziana. Dal canto suo, Facebook ha dichiarato di aver accolto la decisione del
tribunale, perché indica che il social network, come gli altri hosting
provider, non è tenuto al monitoraggio preventivo dei contenuti.
In questo contesto, credo che ci sia tanta ipocrisia da
parte di Facebook. Se è sempre pronto a eliminare foto e video di nudo, non
toglie con altrettanta sollecitudine i video dei bulli, per esempio, o i
commenti offensivi. Il caso di Tiziana, poi, è eclatante: ricordo che lei
stessa aveva chiesto, più volte, il diritto all’oblio, e nessun social o sito
ha accolto la sua richiesta. Fuori dal web ci sono tante vite spezzate dalla
potenza di Internet, in cui un contenuto qualsiasi, una volta caricato, rimane
per sempre. E può far male per sempre. Solo gli utenti che l’hanno caricato e
gli hosting provider sono in grado di rimuovere i contenuti, ammesso che la
loro diffusione non li abbia fatti comparire altrove. È un circolo vizioso che
andrebbe spezzato con norme più chiare e più severe.
Nonostante le aspettative della madre di Tiziana sulla
collaborazione da parte di Facebook alle indagini, il social non lo farà mai;
anche perché non può farlo, per via della legge sulla privacy. Su questo
argomento mi trovo combattuta: se è vero che, da un lato, la privacy è
importante e che se Facebook desse le informazioni di contatto di tutti quelli
che hanno denigrato Tiziana non la finirebbe più e per di più si creerebbe un
precedente che minerebbe la libertà di espressione, dall’altro ritengo che, in
un mondo più giusto, i responsabili avrebbero già pagato, quantomeno con delle
sanzioni.
Siamo in un’area grigia nell’uso del web. E purtroppo non ci
si rende mai abbastanza conto di quanto Internet sia potente finché, nel mondo
reale, qualcuno non si fa male o non si toglie la vita.
Neifile
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