C’era una volta la griffe, simbolo di qualità sopraffina da
pagare a caro prezzo per l’innovatività, l’eleganza e la durata dei suoi oggetti. Poi avvenne
qualcosa: la qualità del marchio sparì, o meglio ci furono sempre più persone
in grado di copiare questa qualità, peraltro sempre più bassa, anche grazie
alla delocalizzazione delle grandi industrie, che insegnarono a sempre più
persone a creare questi oggetti alla moda. Inoltre la richiesta di qualcosa di
nuovo, di bello e di unico divenne sempre maggiore e sempre più veloce, in un
continuo e vorace consumismo di massa che portò a non considerare più il capo
in sé, ma la fama e la storia del marchio.
Adesso pare che le cose stiano
cambiando.
Molti video su YouTube mostrano come togliere le etichette
dai vestiti, sintomo che la griffe in sé non interessa più. Almeno, questo è il
parere di Paolo Boggi, blogger del Fatto Quotidiano.it, che ha scritto un pezzo
sul fenomeno, intitolato “Moda, è finita un’epoca: ai millennials non interessano
le griffe”. Boggi ritiene che ai millennials, i ragazzi nati tra gli Anni
Ottanta e gli Anni Duemila, non interessi più il nome né l’etichetta, anche su
sé stessi, ma la qualità e l’unicità. A loro non importa di far parte di un
gruppo preciso, né di essere riconosciuti da come si vestono o da quello che
usano. Sempre Boggi, riferendosi ai soli capi d’abbigliamento, definisce questo fenomeno come “la più
grande rivoluzione del tessile degli ultimi quarant’anni”. Anche se, a mio avviso, il discorso si
potrebbe ampliare a tutto ciò che va di moda.
Personalmente, credo che siamo a un punto di transizione. Se
è vero che esistono video su come rimuovere le etichette, è altrettanto vero
che ne esistono anche altri su come rimuovere l’antitaccheggio, e poter rubare
facilmente qualcosa che non ci si può permettere. Questi consigli, di sicuro, sono segnale del
fenomeno diametralmente opposto: il brand conta, eccome. Soprattutto se sei
troppo povero per poterlo pagare, e possedere qualcosa di firmato può far
morire di invidia gli amici o farti riconoscere come “figo”.
Certo, le copie degli asiatici sono praticamente perfette, e
a mio parere non ha senso spendere tutti quei soldi per qualcosa che si può trovare
uguale a pochi euro. Però non tutti la pensano come me: molte persone, troppe,
anche giovani, ritengono ancora che la griffe sia tutto, che sia l’unico vero
motivo per cui un oggetto debba valere qualcosa. Il fatto che le aziende stiano
riducendo sempre di più il proprio logo non significa che miglioreranno la
qualità dei loro pezzi, né che produrranno in modo più sostenibile.
Pensate
agli smartphone: quante persone si ritrovano in fila per giorni e notti per
accaparrarsi per primi l’ultimo modello di iPhone? O ancora: quanti miliardi
fatturano le grandi aziende di moda, che fanno pagare tantissimo persino le
cinture? Se non ci fosse gente capace di indebitarsi o delinquere pur di avere
l’oggetto dei propri desideri, abbasserebbero i prezzi, no? Tanto più che ormai
il lavoro che c’è dietro è spesso sottopagato e non di rado si può parlare di
sfruttamento umano.
Lo dico da millennial: sì, a me non interessa la griffe. Ma
mi sento ancora una mosca bianca.
Neifile
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