martedì 31 gennaio 2017

Griffe o non griffe?

C’era una volta la griffe, simbolo di qualità sopraffina da pagare a caro prezzo per l’innovatività, l’eleganza  e la durata dei suoi oggetti. Poi avvenne qualcosa: la qualità del marchio sparì, o meglio ci furono sempre più persone in grado di copiare questa qualità, peraltro sempre più bassa, anche grazie alla delocalizzazione delle grandi industrie, che insegnarono a sempre più persone a creare questi oggetti alla moda. Inoltre la richiesta di qualcosa di nuovo, di bello e di unico divenne sempre maggiore e sempre più veloce, in un continuo e vorace consumismo di massa che portò a non considerare più il capo in sé, ma la fama e la storia del marchio. 

Adesso pare che le cose stiano cambiando.

Molti video su YouTube mostrano come togliere le etichette dai vestiti, sintomo che la griffe in sé non interessa più. Almeno, questo è il parere di Paolo Boggi, blogger del Fatto Quotidiano.it, che ha scritto un pezzo sul fenomeno, intitolato “Moda, è finita un’epoca: ai millennials non interessano le griffe”. Boggi ritiene che ai millennials, i ragazzi nati tra gli Anni Ottanta e gli Anni Duemila, non interessi più il nome né l’etichetta, anche su sé stessi, ma la qualità e l’unicità. A loro non importa di far parte di un gruppo preciso, né di essere riconosciuti da come si vestono o da quello che usano. Sempre Boggi, riferendosi ai soli capi d’abbigliamento, definisce questo fenomeno come “la più grande rivoluzione del tessile degli ultimi quarant’anni”.  Anche se, a mio avviso, il discorso si potrebbe ampliare a tutto ciò che va di moda.



Personalmente, credo che siamo a un punto di transizione. Se è vero che esistono video su come rimuovere le etichette, è altrettanto vero che ne esistono anche altri su come rimuovere l’antitaccheggio, e poter rubare facilmente qualcosa che non ci si può permettere.  Questi consigli, di sicuro, sono segnale del fenomeno diametralmente opposto: il brand conta, eccome. Soprattutto se sei troppo povero per poterlo pagare, e possedere qualcosa di firmato può far morire di invidia gli amici o farti riconoscere come “figo”.

Certo, le copie degli asiatici sono praticamente perfette, e a mio parere non ha senso spendere tutti quei soldi per qualcosa che si può trovare uguale a pochi euro. Però non tutti la pensano come me: molte persone, troppe, anche giovani, ritengono ancora che la griffe sia tutto, che sia l’unico vero motivo per cui un oggetto debba valere qualcosa. Il fatto che le aziende stiano riducendo sempre di più il proprio logo non significa che miglioreranno la qualità dei loro pezzi, né che produrranno in modo più sostenibile. 

Pensate agli smartphone: quante persone si ritrovano in fila per giorni e notti per accaparrarsi per primi l’ultimo modello di iPhone? O ancora: quanti miliardi fatturano le grandi aziende di moda, che fanno pagare tantissimo persino le cinture? Se non ci fosse gente capace di indebitarsi o delinquere pur di avere l’oggetto dei propri desideri, abbasserebbero i prezzi, no? Tanto più che ormai il lavoro che c’è dietro è spesso sottopagato e non di rado si può parlare di sfruttamento umano.

Lo dico da millennial: sì, a me non interessa la griffe. Ma mi sento ancora una mosca bianca.

Neifile

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