giovedì 23 febbraio 2017

Obiezione di coscienza e diritto all'aborto

L’assunzione all’ospedale San Camillo di Roma di due ginecologi, che devono garantire l’applicazione della legge 194/1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza, pena il licenziamento o la mobilità, ha diviso nuovamente l’opinione pubblica su questo diritto controverso.

La legge 194/1978, che potete consultare qui, parla chiaro: all’articolo 9 dice che “ogni membro del personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte (…) agli interventi per l’interruzione di gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione.” Secondo quanto dice la legge, quindi, l’obiezione di coscienza è un diritto di tutti coloro che potrebbero contribuire all’aborto. Naturalmente, se l’intervento è urgente perché la gravidanza è pericolosa per la vita della gestante, non c’è obiezione di coscienza che tenga.

Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, che ha indetto il concorso nel novembre 2015, ha dichiarato che l’assunzione “è una sperimentazione per tutelare una legge che altrimenti verrebbe disattesa”. I dati del Ministero della Salute, risalenti all’aprile del 2016, sembrano dargli ragione: negli ultimi dieci anni il numero degli obiettori di coscienza è salito del 12%; in generale la media nazionale è di circa il 70%, con punte di oltre il 90% (il massimo viene raggiunto in Molise, con il 93,3% di obiettori di coscienza); solo nel Lazio l’80,7% dei ginecologi pratica l’obiezione di coscienza. Sono percentuali spropositate, che indicano una vera e propria emergenza e un enorme conflitto di interessi: qui si parla di un diritto di una persona (il ginecologo o l’ostetrico) che lede il diritto di un’altra persona (la donna che vorrebbe o dovrebbe abortire).Questo problema così annoso potrebbe avere diverse soluzioni.

Le percentuali dell'obiezione di coscienza in Italia, regione per regione


A febbraio del 2016 i deputati di Alternativa libera-Possibile avevano presentato in Parlamento una proposta di modifica della 194, in cui si chiedeva “un miglior bilanciamento tra il legittimo esercizio dell’obiezione di coscienza e l’altrettanto legittimo ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza”, si garantiva una percentuale di almeno il 50% di personale sanitario e ausiliario di non obiettori e si istituiva un numero di telefono gratuito che avrebbe dovuto informare i cittadini sulle modalità di applicazione della legge.

Ben più radicale è la posizione del senatore Maurizio Romani, ex del Movimento 5 Stelle ora appartenente al gruppo misto con Italia dei valori, che aveva firmato, a luglio del 2013, una proposta di modifica della legge sull’aborto, richiedendo che la percentuale di personale medico non obiettore fosse del 70%, in netta controtendenza a quanto accade oggi.

Per Giuditta Pini, deputata del Partito Democratico, la certezza dell’applicazione della norma sull’interruzione volontaria di gravidanza passa dalla direzione: chi volesse essere direttore di una struttura sanitaria o di un dipartimento oppure presidente di un policlinico dovrebbe essere non obiettore da almeno 24 mesi.

Frida Kahlo, "Henry Ford Hospital o Il letto volante" (1932)

Personalmente, sono favorevole alla legge 194: è stata promulgata per combattere il problema degli aborti clandestini e per meglio tutelare le future madri; in più punti del testo della norma si può leggere come la madre non debba prendere con leggerezza l’atto, anzi viene invitata a pensarci una settimana. Il servizio è reso praticamente obbligatorio soltanto qualora la madre rischi dal punto di vista psichico o fisico. Tuttavia, capisco la perplessità di alcuni cattolici di fronte alla decisione di Zingaretti di assumere a tempo indeterminato due ginecologi che hanno l’obbligo di non sollevare mai obiezione di coscienza, anche se, tenendo conto delle statistiche sulla presenza degli obiettori di coscienza tra il personale medico e ausiliario italiano, potrebbe essere una soluzione anche questa.

Ritengo che la proposta di Alternativa libera-Possibile sia la più opportuna tra quelle esaminate in questo post, in quanto creerebbe un equilibrio tra gli obiettori e i non obiettori nelle strutture sanitarie e nelle case di cura. Del resto, se non ci fossero così tanti obiettori di coscienza, fatto che ha come conseguenza l’impossibilità per alcune donne di poter abortire se non spostandosi in zone dove vi sia almeno un non obiettore pronto a garantire loro questo diritto, nessuno si porrebbe il problema, se non dal punto di vista etico. Ma questa è un altro discorso.

Neifile

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