L’8 marzo è la giornata internazionale dedicata a tutte le
donne, ai loro diritti e agli abusi e discriminazioni che subiscono nel mondo.
Quest’anno c'è stato lo sciopero generale in 49 Paesi, compresa l’Italia; qui trovate un’intervista a Silvia Carabelli, membro del movimento "Non una
di meno". Io ho preferito non scioperare per motivi personalissimi e per
convinzioni che vi spiego in questo post.
Il tema principale dello sciopero era la lotta contro la
violenza di genere in tutte le sue forme e, allargando il campo, contro la
discriminazione in generale. Un motivo nobile, che ha coinvolto associazioni
femministe e sindacati, accomunati dall'obiettivo di protestare e dare un
segnale molto forte contro questo fenomeno sociale: nel 2016 più di 6 milioni
di donne italiane hanno subito abusi o violenza di qualche tipo. Però la violenza non
coinvolge solo le donne e le bambine, ma anche gli uomini e i ragazzini:
stando a uno studio condotto dal docente dell’Università di Arezzo Pasquale
Giuseppe Macrì nel 2012, sono circa 3,8 milioni gli uomini italiani che hanno
subito violenza per mano femminile; questo studio, chiaramente incentrato su un
ribaltamento del punto di vista del fenomeno sociale della violenza di genere e
forse anche un po' provocatorio, dimostra che non sono solo le donne ad essere
minacciate, abusate e uccise. Credo che, alla luce di questi dati e di tanti
altri casi non denunciati o tristemente saliti agli onori della cronaca, le
discriminazioni, le molestie e gli abusi, di solito perpetrati da chi è più vicino
alle vittime, non abbiano sesso, e pertanto debbano essere condivisi da tutti e
coinvolgere tutti nella protesta.
Non ho scioperato anche perché ritengo che
il lavoro e la vita quotidiana siano fondamentali per vivere dignitosamente e
rinunciarci per protesta, anche se per un solo giorno, mi sembra controproducente.
Mi sento in dovere di partecipare alla vita lavorativa e sociale del mio Paese
dopo tutte le battaglie e le conquiste sudate da chi mi ha preceduto. Certo, c'è
ancora tanto da fare per ottenere la parità tra uomini e donne, anche in cose
che dovrebbero essere banali come l’uguale retribuzione o la parità di trattamento ai colloqui e sul luogo di lavoro. Però perché incrociare le braccia e non continuare a
sfidare i pregiudizi di chi vorrebbe che la donna fosse solo l’angelo del
focolare, o un trofeo da mostrare agli amici, impegnandosi nel lavoro e magari
dimostrando di essere migliori degli uomini? Che le donne spesso non raggiungano la dirigenza è un dato di fatto, e che se lo fanno spesso sono viste con un certo timore e con invidia. Ma non sarà uno sciopero a cambiare una mentalità, bensì il lavoro duro e costante.
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Il logo di Lotto Marzo, organizzato dal movimento Non una di meno |
Ci sono tanti diritti che vengono negati alle donne nel
mondo: la libertà di mostrarsi (o di coprirsi) quanto si vuole; la libertà di
scegliere se avere o meno un figlio; il diritto di avere un’opportunità oltre
il focolare domestico o di poter guidare un’auto. Oggi però, in Italia, si è protestato anche
per altri motivi, come la Buona Scuola o i salari troppo bassi per molti
lavoratori. Non so cosa c’entrassero queste tematiche, che potevano essere
affrontate in un qualsiasi altro giorno dell’anno. Ci sono state anche
manifestazioni a tema, sia ben chiaro.
C'è stata anche un’altra cosa che non mi è andata giù: le donne, per protestare, non avrebbero dovuto fare la spesa, per frenare il lavoro produttivo anche da consumatrici; ridicolo, il consumo non si basa sul sesso dell’acquirente. Non capisco per quale motivo avrei dovuto privarmi di qualcosa che mi serve, anche se solo per un giorno, per protesta. Forse per la famosa "tassa rosa", ossia l'aumento del prezzo sui prodotti pensati per le donne, ma quella meriterebbe un boicottaggio a lungo raggio, ammesso che si possa fare a meno di determinati prodotti o servizi o che scegliere prodotti "maschili" possa fare al proprio caso.
C'è stata anche un’altra cosa che non mi è andata giù: le donne, per protestare, non avrebbero dovuto fare la spesa, per frenare il lavoro produttivo anche da consumatrici; ridicolo, il consumo non si basa sul sesso dell’acquirente. Non capisco per quale motivo avrei dovuto privarmi di qualcosa che mi serve, anche se solo per un giorno, per protesta. Forse per la famosa "tassa rosa", ossia l'aumento del prezzo sui prodotti pensati per le donne, ma quella meriterebbe un boicottaggio a lungo raggio, ammesso che si possa fare a meno di determinati prodotti o servizi o che scegliere prodotti "maschili" possa fare al proprio caso.
La donna è una colonna portante della società, non solo come
lavoratrice, ma anche come persona che accudisce altre persone, spesso propri
cari perché non sempre lo Stato le aiuta nell'assistenza dei più bisognosi. Da
questo punto di vista, purtroppo, chi si ferma danneggia anche gli altri.
Con questo testo non voglio sminuire le proteste, tantomeno
il diritto di protesta contro il sistema; sono fermamente contraria alle discriminazioni, al sessismo e sono cosciente della condizione femminile. Semplicemente, stavolta, questo
sciopero non mi ha convinto.
Neifile
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