Si sta parlando molto degli animali selvatici in cattività,
a causa di diversi casi di maltrattamenti e uccisioni di questi negli zoo; si discute inoltre della loro utilità nei circhi, dove, anche se ben trattati, non sono liberi e protetti come dovrebbero.
Proprio in questi giorni, in Repubblica Ceca, tre fratellini
sono andati allo zoo, hanno scavalcato la recinzione dello spazio riservato
agli uccelli e hanno preso a sassate e a calci dei fenicotteri, uccidendone uno
e ferendone gravemente un altro. Essendo troppo piccoli per essere puniti dalla
legge, i genitori hanno pagato una multa come risarcimento per l’animale
deceduto.
Mi astengo dal commentare la condotta dei tre bambini, che
avevano un’età compresa tra i 5 e gli 8 anni e hanno agito con una brutalità
inaudita; ma questo e altri episodi, come quello del rinoceronte ucciso dai
bracconieri per prenderne il corno nello zoo di Parigi, portano a delle
domande: è giusto continuare a tenere aperti dei luoghi dove gli animali,
nonostante vivano in ricostruzioni perfette del loro habitat naturale, non
stanno comunque a casa loro? Certo, alcune specie sono in pericolo e
addirittura a rischio estinzione nel loro luogo d’origine, ma fa loro bene
preservare la specie in spazi angusti e artificiali? Inoltre, con l’avvento di
internet e con le conoscenze del mondo che abbiamo a disposizione oggi, ha ancora
senso tenere aperto uno zoo? Soprattutto se chi lo gestisce si comporta come
coloro che, sempre in Repubblica Ceca, vogliono tenere 18 rinoceronti con il
corno tagliato da loro per prevenire il bracconaggio.
Bisogna ovviamente
fare delle distinzioni, per esempio tra gli zoo classici, dove gli animali
stanno in spazi angusti, se non proprio in gabbia, e i bioparchi, dove gli
esemplari delle specie a rischio sono quasi liberi e protetti. Tuttavia l’Enpa,
l’Ente nazionale per la protezione degli animali, non fa distinzione di sorta e
vorrebbe che chiudessero tutti questi posti, perché nessuno dovrebbe vedere
animali indifesi e infelici, e magari minacciarne l’integrità.
Per lo stesso motivo, l’attuale ministro per i Beni Culturali
Dario Franceschini ha proposto una riforma, ora all’esame della Commissione
Cultura del Senato, che prevede la progressiva dismissione degli animali dai
circhi. Questo disegno di legge è appoggiato dalla Lav, la Lega antivivisezione, in particolare dalla sua Area animali esotici. Secondo quest’associazione e secondo molti altri, gli
animali non sono acrobati: sottoporli ad addestramenti, spettacoli e trasferimenti
rappresenta per loro una grande fonte di stress, a cui si aggiunge il rischio
di malattie e infezioni, facilitato dall’aggregarsi di tanti animali in piccoli
spazi; malattie e infezioni che potrebbero essere trasmesse anche agli umani
che entrano in contatto con loro. Inoltre, un circo senza animali è un circo
più sicuro: solo in Italia sono avvenuti, dal 1995 a oggi, 30 incidenti che
hanno coinvolto 35 animali, di cui il 36% ha avuto delle conseguenze, tra
feriti e persino morti. Infine, un circo senza animali è un circo più
flessibile e più economico: il circo classico è in forte crisi ed è molto
costoso in termini di spazio, di flessibilità e di mantenimento di tutti. Vi
sono 52 Paesi nel mondo, 18 solo nell’Unione Europea, che hanno vietato o posto
delle restrizioni all’utilizzo degli animali nei circhi. Ora tocca all’Italia e
ad altre nazioni esprimersi a riguardo.
Non ho mai amato particolarmente vedere gli animali selvatici
in cattività. Ammetto che sia suggestivo vedere delle specie, soprattutto se
esotiche, da vicino, ma è triste vederli costretti a vivere in un ambiente che
non è il loro, messi in vetrina o addirittura, come nel caso dei circhi
classici, a fare acrobazie per il divertimento del pubblico. È vero, alcuni di
questi animali non conoscono che la cattività, ma è una giustificazione sufficiente?
Penso tuttavia che i bioparchi, quando sono gestiti bene,
facciano un buon lavoro mantenendo gli animali in semilibertà e proteggendoli
dai pericoli che queste specie hanno nella loro terra natale. Ma forse una
riserva naturale sarebbe il giusto compromesso: gli esemplari vivrebbero liberi
anche se controllati, e nel loro habitat naturale; ogni territorio dovrebbe
avere solo la sua fauna tipica: se riuscissimo a tenere questo equilibrio in
tutto il pianeta, vivremmo in un mondo migliore.
Neifile
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