mercoledì 26 ottobre 2016

Il Nudo non è porno - #1

Eccoci alla rubrica "hot" dedicata al #nudeisnotporn, l'hashtag che ho introdotto nel capitolo precedente.
In questa rubrica, farò una riflessione su argomenti erotici come i film di genere e delle modelle alternative al mondo dell'élite della moda.

Adesso farò un confronto tra Tinto Brass e Russ Meyer, registi maestri del cinema erotico. Tinto Brass è il maggior rappresentante del cinema erotico italiano,mentre Russ Meyer lo è per il cinema erotico americano. Entrambi mostrano uno stile diverso nel creare i loro film e hanno un loro originale punto di vista su come rappresentare l'eros.

Tinto Brass
Russ Meyer

Vedendo alcuni film di entrambi i registi, con tutto il rispetto di Tinto Brass, ma ho preferito di gran lunga lo stile di Russ Meyer, perchè è molto più implicito nel mostrare le nudità delle attrici, rispetto al nostro regista italiano.

Vedendo la versione integrale di Caligola (1979), ho capito perchè Tinto Brass fu sempre soggetto a polemiche da parte della critica cinematografica. Lui rischia di superare il limite che c'è tra l'erotico e il porno, finendo involontariamente nel diventare un pornografo. In molte scene, si vedevano in modo chiaro le parti basse degli attori e delle attrici e poi, alcune scene tagliate erano proprio pornografiche, come una delle donne che lecca il pene finto di un altro uomo, in mezzo a un bordello dell'epoca romana. Già a parlarne così, ho una brutta sensazione che sta tra l'imbarazzo e il disgusto.

In una scena tagliata de La Chiave (1983), che vidi durante uno zapping sul divano su Sky, Stefania Sandrelli mostra al suo amante la sua vagina a gambe aperte e lui tira fuori dalle sue braghe un pene eretto finto e corre verso di lei, sbattendo contro lo specchio. Ricordo bene di aver cambiato subito canale.

Poi, ci sono due scene di Paprika (1991) che, per quanto possano essere visionarie, non le reputo erotiche. La prima riguarda la protagonista che viene sottoposta all'inserimento dello spirale nella vagina (lo spirale è pari al preservativo,per intendersi...), con l'inquadratura diretta verso questa penetrazione. La seconda riguarda sempre la protagonista, una giovane prostituta, che aiuta un cliente a masturbarlo, prendendo con una mano il suo pene finto.

Per quanto Tinto Brass possa essere il maestro del cinema erotico italiano, non rappresenta il mio punto di vista sull'erotismo e nemmeno quello del #nudeisnotporn (forse...).

Ed ora, vediamo Russ Meyer, il maestro del cinema erotico americano. Alcuni critici lo paragonarono addirittura a François Truffaut, altro maestro del cinema internazionale e, nei suoi film, c'è una forma d'erotismo più implicita di quella usata da Tinto Brass. Con Lorna (1964), il suo primo film, bastarono tre scene di nudo parziale della formosa attrice, più la scena del bagno nel lago con lei completamente nuda e il pubblico apprezzava subito ciò che vedeva.




Dopo Lorna, Russ Meyer creerà altri cult erotici che formeranno la "Sexplotation", cioè il fenomeno dei film erotici e pornografici destinati al pubblico, soprattutto per le sale dedicate ai B-Movies e ai cinema porno. I film di Russ Meyer sono i film principali di questa moda degli anni della New Hollywood.

Mentre Steven Spielberg faceva successi con Lo Squalo, Russ Meyer fece, secondo la maggior parte dei critici dell'epoca, il suo capolavoro: Supervixens (1975). Il film presenta una vasta gamma di donne maggiorate formose, un montaggio dinamico ed anche una trama simpatica che eccita il pubblico.



In tutti i suoi film, Russ Meyer mostra una cosa fondamentale: tutte le donne apparse nelle sue opere sono maggiorate formose ed anche curvy che ballano e hanno un carattere ribelle verso gli attori maschili.

Il fatto che vi linki Lorna e Supervixens non è da considerare come una mia mossa tendenziosa per farvi guardare solo Russ Meyer,ma il problema principale sta nel fatto che Youtube censuri i contenuti espliciti ed anche se ve li linkassi, avreste dei problemi a vederlo. In sintesi, sui film di Tinto Brass, se li reperite su Youtube, c'è il divieto ai minori di 18 anni.

Concludo facendovi una domanda che risponderete tramite commento: preferite Tinto Brass o Russ Meyer?

A.D.

P.S: Per sapere di più sul #nudeisnotporn, leggetevi il post precedente, "Il Nudo non è porno - #0".


martedì 25 ottobre 2016

Quella battaglia tra liceali e la professoressa razzista...

"Un altro salvataggio, ma non potevate lasciarli morire?"

"Mi dispiace sentire che più di qualche profugo si salva. Questa invasione di profughi è la peste del terzo millennio, con la differenza che la malattia è stata sconfitta, questa ce la terremo ad infinitum"

"Bisogna eliminare anche i bambini dei musulmani tanto sono tutti futuri delinquenti"

Queste sono solo alcune delle frasi che sono apparse su Facebook sulla bacheca della professoressa F.P., insegnante di inglese del veneziano, che le stanno costando in questi giorni non pochi problemi. Difatti per alcuni studenti e genitori, che hanno per primi sollevato la questione alla preside Annavaleria Guazzieri, le affermazioni che l'insegnante ha lasciato sul suo profilo personale sono troppo poco consone al suo ruolo, chiedendo a gran voce addirittura il licenziamento dal posto di lavoro. Per ora la professoressa ha subito solamente 20 giorni di congedo.

Di certo l'atteggiamento della professoressa è abbastanza discutibile e discriminatorio e come tale da condannare, specie in una società come la nostra, che cerca di ripudiare ogni forma di intolleranza, che si muove in un'ottica di multiculturalismo e che si prospetta come polo democratico e di libertà anche per tutti quei popoli che subiscono giorno dopo giorno le vessazioni della guerra e di regimi dittatoriali.
E di certo, che il MIUR possa valutare se prendere provvedimenti, appare quindi un atto doveroso, anche in ragione del ruolo pubblico che la stessa docente svolgeva presso la Pubblica Amministrazione.

Quanto non ha mancato di sorprendermi è tuttavia l'atteggiamento proprio degli alunni, studenti di un liceo (quindi di età compresa dai 14 ai 20 anni) che mostrano un atteggiamento alquanto bizzarro. Come dagli stessi rilasciato difatti, nell'intervista de Le Iene condotta da Cristiano Pasca, le affermazioni della professoressa sarebbero contrarie al suo ruolo educativo e come tale essi ne auspicano la totale rimozione.
Ora, se tutti questi diciottenni che intervengono (diciottenni, come viene precisato nel servizio) hanno bisogno di un pastore morale tanto forte da chiedere la massima sanzione per un lavoratore dipendente, cioè il licenziamento, per affermazioni che la stessa non ha mai reso in seno alla propria cattedra, ma nello spazio virtuale della sua bacheca Facebook privata, è necessario un totale ripensamento del sistema educativo, scolastico e pubblico del nostro Paese.
Non riesco a capacitarmi: dei ragazzotti di 18 anni, presumibilmente istruiti dato che frequentano un liceo, non hanno davvero coscienza di cosa sia discriminazione e integrazione, e quale sia il risvolto giusto e sbagliato in un fenomeno all'ordine del giorno?
Davvero dei ragazzi che stanno per affacciarsi al mondo del lavoro, e votare le scelte politiche del nostro Paese, hanno ancora bisogno di una guida morale che gli spieghi pedissequamente cosa debbano e non debbano pensare?


Personalmente lo trovo assolutamente ridicolo, una esternazione di indignazione sociale che trova, ora come non mai, nell'idea di amalgamarsi alla massa la propria forza. Corretto è prenderne le distanze, corretto è mostrare un atteggiamento indignato per affermazioni di tale portata, ma completamente fuori luogo è richiamare un presunto ruolo di educatore che ad un professore di liceo compete in modo assai edulcorato, se non quasi per nulla. La personalità di un ragazzo, specie superata la pubertà, è ormai quasi completamente formatasi e ben poco farebbe il ruolo di un docente (nel bene e nel male). Anzi, il più delle volte è atteggiamento comune denigrare ed ignorare per i ragazzi, quanto "il noioso mondo degli adulti" rimbalza loro... professori compresi.

La professoressa deve essere sicuramente richiamata, è giusto che il MIUR indaghi e se ne occupi, ma si tengano distanti da questo percorso che deve essere assolutamente ispirato ad una idea di equità, le farneticazione di chi, privi di personalità, aspettano solo una bandiera da cucirsi in petto e sventolarla in pubblico.

- Superman

venerdì 21 ottobre 2016

Il Nudo non è porno - #0

Permettetemi di presentarvi una rubrica a tema erotico, con il titolo che è la traduzione dell'hashtag creato dal fotografo Luca De Nardo, tale #nudeisnotporn, una frase di protesta contro la censura di Facebook per nudità.

L'hashtag creato da Luca De Nardo contro la censura di nudo di Facebook

Luca De Nardo


Ancora oggi, facciamo confusione sulla differenza tra erotismo e pornografia ed anch'io sono d'accordo sul fatto che una modella nuda non sia qualcosa di pornografico, come alcuni pensano. Non intendo parlarvi in modo intellettuale, ma i primi set di nudo risalgono agli Anni '20 e provare imbarazzo nel vedere una donna nuda in foto mi pare un'ipocrisia.

La gente che contesta il nudo come avrebbe fatto l'amore, se odiano il nudo in foto? Hanno copulato coi vestiti? Con tutto il rispetto, ma...se una donna vuole posarsi nuda per mostrare la sua bellezza, perchè vietarla?
Mi sembra del tutto normale vedere una donna nuda, anche se in foto, senza che essa mostri il suo "tempio" a gambe totalmente aperte.

L'erotismo ha una regola fondamentale, cioè non essere esplicito come la pornografia. A difendere la campagna del #nudeisnotporn, una delle modelle di Luca De Nardo ha dichiarato di esserne a favore,durante un'intervista che potete leggere qui: http://www.affaritaliani.it/roma/la-prima-volta-nuda-silvia-pincelli-confessa-nudeisnotporn-la-campagna-440586.html

La pornografia è qualcosa che, a mio parere, non piace, dandomi pure la nausea. Che gusto c'è a vedere una donna a fare una fellatio a un uomo che potrebbe avere addirittura un pene finto? Oppure a vedere la penetrazione vista in diretta e in dettaglio con la telecamera?

Non si può paragonare una modella che si posa nuda per un sito internet o per una rivista, con tanto di guadagno, con una pornostar che guadagna facendo cose sconce peggiori di quanto potrebbe fare il nudo. Cioè, il nudo non è roba sconcia, poichè si tratta di una cosa del tutto naturale.

Chiedo ai maschi: quando vedete la vostra donna nuda, cosa fate? Di certo, non la coprite con un lenzuolo, prima di portarla a letto... E poi, c'è anche quella parte di gente che ritiene pornografico pure il lingerie. Ora vi mostro una foto di una modella in lingerie e vediamo che giudizio pensate di darle.

Natasha Legeyda
(Foto di Luca De Nardo)

Se, per voi, questa foto è pornografica, allora io sono Rocco Siffredi in pensione e in andropausa. A parte le patetiche battute: dico davvero...se considerate una modella in lingerie qualcosa che è pari alla fellatio, allora fareste bene a rileggervi l'articolo, oppure a guardarvi qualche film erotico, prima di avere dei pregiudizi.

Non perchè voglio fare il maestrino antipatico (cosa che odio), ma per il semplice motivo che, forse, siete andati in confusione di nuovo col giudicare cosa sia erotico o pornografico.

Occhio...

A.D. 








giovedì 20 ottobre 2016

Una piccola rivoluzione alimentare

Segnatevi questa data: 15 dicembre 2016. Quel giorno comincerà la distribuzione, all’ospedale romano Cristo Re, di piatti gustosi nella mensa.

Chi è stato in ospedale abbastanza tempo per mangiarci, si ricorderà senz’altro che i piatti della mensa sono spesso insapori (quando non sanno di plastica), dai colori smorti e dalle consistenze poco piacevoli; inoltre le proprietà organolettiche e i valori nutrizionali dei cibi non sono mantenuti dai metodi di cottura.

Adesso le cose potrebbero cambiare, grazie alla GioService, società del gruppo Giomi che offre servizi alle strutture sanitarie italiane, all’Unità di Ricerca dell’Alimentazione e Nutrizione Umana dell’Università La Sapienza di Roma e allo chef Nicola “Niko” Romito: insieme hanno inventato, dopo un anno di studi, prove e procedure che permettono di raggiungere risultati costanti, un protocollo chiamato “IN-Intelligenza Nutrizionale”, che mette a punto un programma alimentare vario, sano, gustoso, nutriente ed anche economico, in quanto la standardizzazione dei metodi di cottura attraverso sette tecniche fondamentali permette di abbattere i costi e migliorare la qualità dei piatti serviti nelle mense.

Queste tecniche sono: il freddo, con l’abbattimento, una tecnica di raffreddamento rapido dei cibi che ne permette anche la surgelazione; il sottovuoto; il trattamento di alcuni cibi, come le verdure congelate, con una salamoia di sale e zucchero; la cottura a vapore; le basse temperature, con la refrigerazione; le alte temperature, privilegiando, per quanto riguarda la cottura in forno, cibi trattati con una sorta di pellicola di olio e amido, che li mantiene succosi all’interno; il recupero degli scarti per farci brodi e basi. Ovviamente le cucine dovranno essere dotate della strumentazione adatta e il personale addetto dovrà avere una formazione adeguata.

Lo chef Niko Romito

L’obiettivo di Intelligenza Nutrizionale è far stare meglio i pazienti in ospedale, non solo nell’alimentazione, ma anche nella qualità della vita: infatti, un’alimentazione sana e bilanciata porta ad evitare aumenti o perdite di peso e una migliore risposta alle cure mediche, nonché a mantenere la propria dignità come persona, senza essere solo un nome su una cartella medica.


Se questo progetto avrà successo, potrebbe far applicare gli standard nutrizionali e di cucina a tutta la ristorazione collettiva, cambiando per sempre l’idea di mensa che abbiamo oggi: niente più differenze, niente più squilibri alimentari e niente arbitrarietà in cucina. Dal 15 dicembre potrebbe cambiare tutto in meglio, per il gusto e per la salute.

Neifile

mercoledì 19 ottobre 2016

Real Youtubers - #1

Vi presento la mia rubrica dedicata agli youtubers che producono video, fanno raduni a tema e comunicano a distanza coi loro fan. Più che argomentare gli youtubers, per evitare di creare un poema dantesco, argomenterò uno dei loro singoli video, dandone una mia personale riflessione/critica.

Inizio questa rubrica con l'ultimo cortometraggio dei Nirkiop, intitolato "Io Sono Gay". Il corto affronta il tema dell'omosessualità con il loro stile recitativo pacato e molto leggero,senza andare troppo su un contesto che potrebbe essere troppo polemico.

Come per ogni buon video dei Nirkiop,la comicità rappresentata da loro è qualcosa adatto ad un canale per ragazzi e questo corto riesce a dare una riflessione costruttiva sull'omosessualità, attraverso le diverse ipotesi che Nicola Conversa, regista e protagonista del corto in questione, elenca su come un gruppo di persone possa reagire alla dichiarazione di essere gay da parte di un loro membro.

Il corto viene costruito anche in modo "terapeutico", grazie alla fotografia di Marco Da Re (Mr.Blob) che mostra un effetto molto acceso della luce naturale, come se i ragazzi fossero davvero a fare una visita psichiatrica e la luce trasformi la loro stanza in un ufficio della psicologia.



La pecca, purtroppo, sta nel pubblico che ha frainteso il titolo, considerandolo come una dichiarazione reale di Nicola Conversa e allora, la domanda più citata tra i commenti di questo video è proprio: "Ma Nicola è gay oppure no?"

La risposta: Nicola Conversa non è gay!

Da qui, si può notare la loro moltitudine di fan che, nonostante il buon video, si sono preoccupati dell'identità sessuale di Nicola. Leggendo ogni ripetizione di questa richiesta da parte dei fan, sembra che il pubblico veda l'omosessualità come una sorta di virus contagioso da cui star lontani anni luce.

Ogni volta che si parla di omosessualità, si scatena una polemica alla prima parola storta che si fa. Personalmente,a me sta bene che uno sia gay, a condizione di non sbandierarlo con prepotenza come gli etero. I cortei "Arci-Gay" sarebbero da abolire tanto quanto le Sentinelle In Piedi, perchè sono delle manifestazioni arroganti, nonostante siano due generi agli antipodi.

Ma serve davvero una manifestazione per sottolineare la propria identità sessuale? Non credo proprio. I Nirkiop sono riusciti a creare una serie di reazioni imbarazzanti alla dichiarazione di omosessualità di un amico del gruppo e non si tratta di una serie di luoghi comuni, ma di constatazioni vere e proprie.

Sapete cosa? Forse è meglio non farsi troppe paranoie e non vedere sempre l'omosessualità come una malattia contagiosa.

A.D.

martedì 18 ottobre 2016

E se sventolare la bandiera dell'ISIS fosse legale?

Quando quel tifoso della nazionale di rugby neozelandese aveva steso sotto il suo terrazzo, a Fidenza nel parmense, la bandiera simbolo della sua squadra, gli All Blacks, non avrebbe certo immaginato che decine e decine di telefonate preoccupate avrebbero spinto la polizia a presentarsi sotto il suo appartamento. Perché effettivamente quella bandiera, tutta nera con decori e scritte bianche, era stata scambiata per il vessillo dello Stato Islamico. Gli attentati francesi avvenuti appena pochi giorni prima avevano inasprito il clima, e le interviste rilasciate dai passanti, anche dopo che l'equivoco era stato chiarito, lasciavano trapelare la paura e la tensione di chi si trova a fare i conti con un simbolo di tale portata.

E ribadiamo: era solo un malinteso.

Ben più emblematica è invece la soluzione emersa dalle pagine di una recentissima sentenza svedese (che l'Independent ci riporta qui) sul caso di un giovane 23enne siriano di Laholm nella Svezia meridionale, che ha deciso di fissare quale foto utente del suo profilo Facebook, una sua effige mentre imbraccia una bandiera dell'autoproclamato Stato Islamico di Siria e Iraq. Nessun equivoco stavolta: quella bandiera è proprio quella dell'IS.


Dopo una lunga attività processuale con il coinvolgimento delle forze dell'ordine (che sul ragazzo indagavano da marzo), il giudice si pronuncia con:
la bandiera dell'ISIS non è espressione di intolleranza contro uno specifico gruppo etnico, ma contro tutti, eccenzion fatta per chi fa parte dell'ISIS. 
Il novero dei diritti costituzionali svedesi parla chiaro: la tutela si volge verso le minoranze e in presenza di una espressione di ostilità indistinta, che non colpisce cioè singoli gruppi sociali, nulla si può fare. È una sorta di cane che si morde la coda, una piccola empasse della democrazia che crolla usando gli stessi strumenti democratici.

Alle parole del giudice si aggiungono quelle del giovane secondo cui la bandiera non manifesterebbe il suo sostegno all'ISIS, ma sarebbe stata un simbolo dell'Islam per centinaia di anni, che poi lo Stato Islamico ha fatto suo ed abusato. Un po' come la svastica che è passata da simbolo religioso indiano a simbolo di odio della Germania hitleriana. Eppure la legislazione svedese considera tutto quell'unicum della simbologia nazista come espressione di odio, punendolo talvolta anche con la reclusione.

Lo stesso paragone con il nazismo viene sollevato dalla tesi accusatoria sostenuta da Gisela Sjövall. Sostenere il nazismo non vuol dire dopotutto odiare solo il popolo giudaico, ma odiare chiunque non ne sposi le sue affermazioni. Quindi quel corollario su cui si informerebbe la sentenza finirebbe con il crollare, giusto il tempo di documentarsi sulla storia europea e i suoi moti sociali.

In più quella bandiera non è la prima volta che viene fatta propria da gruppi terroristici di matrice islamica. Pensiamo ad Al-Shabab e ad Al-Qaeda. E se in fondo non rappresentasse un simbolo di odio come ribadisce il ragazzo, mi chiedo perché esporre la versione con fondo nero e scritta bianche e non quella al negativo, cioè con fondo bianco e scritte nere? La prima, che tutti noi conosciamo per essere stata rimbalzata dalla propaganda dei radicalizzati, è dopotutto anche nota come la bandiera di guerra dello Stato Islamico (la seconda ha usi di pace). Di suo, nel simbolismo che la stessa richiama, evoca quindi una idea di un certo rilievo.

E infine mi soffermerei appena sulle ripercussioni politiche e sociali che questa sentenza subirà in un paese come la Svezia, dove le tensioni tra la popolazione autoctona e gli immigrati (presenti in misura doppia rispetto che in Italia) sono elevatissime e dove i quartieri islamici tendono sempre più ad isolarsi nelle città. Specie nella misura in cui qualche altro giudice nazionale, in Unione Europea, tenterà di imitare l'esempio del tribunale nordico. A questo punto vale ben sperare che la Corte Europea dia un segno forte in senso negativo.

- Superman

martedì 11 ottobre 2016

L'Importanza delle Guerre Stellari

In un precedente post, ho citato l'ultimo film recente di Star Wars ed ora vorrei parlare dell'intera saga fantascientifica, iniziando con una domanda: perchè le Guerre Stellari sono importanti,quando si discute di cinema in generale?


Non c'è dubbio sul fatto che Star Wars sia un prodotto commerciale, ma il creatore della saga George Lucas non puntava principalmente sul farne un mercato globale.
In un documentario creato nel 1977, anno d'uscita del primissimo film, Lucas parlava delle fonti d'ispirazione per la creazione del film e del significato del Bene contro il Male,inserito nei vecchi film degli Anni '50.



Per capire meglio l'origine di Star Wars, bisogna tornare indietro nel tempo, ai tempi di THX 1138 - L'uomo che fuggì dal futuro (1971). Quello fu il vero esordio di Lucas, che non ebbe un riscontro roseo all'epoca, a causa dell'avanguardia del film in un periodo ancora "in fase di evoluzione".
George Lucas ebbe il vero primo successo con American Graffiti (1973), film che fa da tributo agli anni d'oro americani, cioè il periodo Anni '50/'60, quando Lucas era ancora adolescente e già da quell'anno, era in atto la creazione di Star Wars.



E qui, arriviamo al primo motivo dell'importanza delle Guerre Stellari: ogni film di Star Wars ha un alto budget ed un lungo periodo di lavorazione,di 3/4 anni. Per esempio, il primo film della saga, datato 1977, costò 11 milioni di dollari e ci furono molti problemi nella produzione che ritardarono l'uscita nelle sale cinematografiche americane.

Quando il film uscì, si scatenò qualcosa di fenomenale: sia la critica che il pubblico ammirarono quello che diventerà successivamente il capostipite di una saga rivoluzionaria del cinema, soprattutto, fantastico. Nei mesi successivi alla sua première, su Star Wars vennero creati vari gadget ed oggetti destinati al commercio comune, ma il film di George Lucas non fu il primo ad essere stato classificato come "Blockbuster", cioè un film destinato al pubblico per scopi più commerciali che di critica artistica.



Torniamo indietro di due anni, quando George Lucas fondò lo studio degli effetti speciali "Industrial Light & Magic" e Steven Spielberg creò Lo Squalo (1975). Il film ebbe grande successo a livello di critica e pubblico e poi, fu uno dei primi film destinati alle "Re-release", cioè alle repliche a tempo limitato nelle sale cinematografiche. Inoltre, si manifestò un mercato di oggetti a tema del film, creati in varie forme.





Ora arriviamo al secondo motivo dell'importanza delle Guerre Stellari: la colonna sonora di John Williams! Nei 40 anni d'esistenza della saga di Star Wars, Williams compose varie colonne sonore memorabili, tra le quali, Indiana Jones, saga diretta dall'amico di Lucas, Steven Spielberg. Considerando solo i film di Star Wars e Indiana Jones, John Williams vinse un Oscar (Star Wars), un Golden Globe (Star Wars), 2 BAFTA (Star Wars), 7 Grammy (entrambi), 3 Saturn (entrambi) ed un BMI Film & TV Award (Star Wars), insieme ad altre 22 nomination dei premi citatI: 7 Oscar, 1 Golden Globe, 1 BAFTA, 10 Grammy e 3 Saturn.

Il terzo motivo dell'importanza di questa saga riguarda l'evoluzione della strategia del Sequel: questa strategia commerciale nacque negli Anni '50,con lo scopo di fare delle repliche solo i B-Movies,cioè i film di serie B indipendenti e a basso budget. Per Star Wars, George Lucas, dopo il successo del primo film (per intendersi,oggi sarebbe l'Episodio IV della saga), cominciò a scrivere il seguito intitolato L'Impero Colpisce Ancora (1980).




L'Impero Colpisce Ancora di Irvin Kershner non ebbe le solite critiche del predecessore, avendone addirittura alcune negative. Negli anni successivi, il secondo episodio della storia delle Guerre Stellari venne considerato come uno dei migliori film fantascientifici mai realizzati nella storia del cinema.

Prima de Il Ritorno dello Jedi (1983), George Lucas stava creando un altro personaggio amato tutt'oggi: Indiana Jones. I Predatori dell'Arca perduta (1981) venne diretto da Steven Spielberg, scritto e prodotto dagli stessi di Star Wars, con il loro "compositore di fiducia". Fu un altro enorme successo su entrambe le parti che fece nascere un mercato globale alternativo a Star Wars.



Nel 1983, Il Ritorno dello Jedi di Richard Marquand divise la critica, a causa della sequenza della Battaglia di Endor, dove gli Ewok sconfiggano in modo "ridicolo" le forze imperiali. George Lucas, curatore della sceneggiatura (come nei due predecessori) insieme a Lawrence Kasdan, regista di Brivido Caldo (1981), si difese dicendo che, per quella sequenza, si ispirò alla Guerra del Vietnam, quando i vietcong tecnologicamente arretrati riuscirono ad abbattere gli americani tecnologicamente avanzati.



Purtroppo, questa scena "anti-patriottica" non fu ben accetta dalla critica e la sceneggiatura ebbe solo la nomination al Saturn Award (i primi due predecessori ebbero più fortuna...). Nonostante tutto, tutta la "Trilogia Originale" riuscì a vincere consecutivamente gli Oscar per i migliori effetti speciali.

Dal 1983 in poi, il fenomeno di Star Wars si espanse a livello commerciale, tramite le re-release, l'home-video, i gadget, gli oggetti a tema, i cosplay ed altri generi di strategie commerciali: tutto ciò ha confermato il franchise di Star Wars supportato anche dall'uscita dei sequel di Indiana Jones.
Arriviamo, ora, al quarto motivo dell'importanza di questa saga cinematografica: il confronto tra il Star Wars vecchio, cioè quello che ho analizzato finora e il Star Wars nuovo,noto oggi come la "Trilogia Prequel".

Dal documentario The People vs George Lucas (2010), possiamo notare un filmato datato 1994, cioè quando uno stanco ed annoiato George Lucas, divenuto miliardario coi primi film di Star Wars e Indiana Jones, dichiara in casa sua di creare la sceneggiatura di Star Wars: Episodio I - La Minaccia Fantasma (1999), come se stesse andando in cucina a pelare un intero sacco di patate come Topolino.



Il declino di Lucas avvenne con un'infamante Edizione Speciale uscita nei cinema nel 1997, per il ventennale del primo Star Wars. La Special Edition rovinò la natura della pellicola originale con degli effetti speciali creati alla fine degli anni '90 e si può notare benissimo la differenza tra gli effetti speciali del 1977 e quelli del 1997.



I fan non la presero affatto bene e protestarono contro George Lucas, il quale difese debolmente l'idea di rinnovare a modo suo la Trilogia Originale. E' chiaro che, all'epoca, si fosse montato la testa, dato l'enorme successo commerciale della saga e la Special Edition sottolinea in modo fondamentale il suo irritante egocentrismo.

Vedendo la Special Edition dei film e vedendo la versione originale, direi di stare dalla parte dei fan, perchè chi guarda la Special Edition senza aver mai visto la versione originale, si sentirà confuso, spacciando i nuovi effetti come della roba fatta davvero negli Anni '70. Nel 1977,tale fluidità negli effetti speciali sarebbe stata impossibile.

Dopo questa strategia un po' fallimentare, George Lucas creò Star Wars I, con un cast di attori abbastanza noti, come Liam Neeson, Natalie Portman ed Ewan McGregor. Tutti i fan di Star Wars furono in trepidazione per il ritorno della saga con tanto di regia del suo creatore...per poi uscire dalla sala delusi.



Sempre dal documentario The People vs George Lucas,uno dei fan dichiarò di aver visto tre volte il film e di non aver percepito le stesse emozioni dei tre predecessori. La critica e il pubblico rimasero delusi dal primo episodio di una saga, che doveva essere qualcosa di epico e di emozionante e non qualcosa di apatico e legnoso. Tutti furono unanimi su una cosa: Jar Jar Binks è stato un personaggio utile e mal elaborato, a tal punto che i fan minacciarono di morte l'attore che lo doppiava, Ahmed Best,il quale vinse il Razzie Award per questo ruolo.

Nel 2002, Star Wars cadde nel baratro, con un orrendo e apatico Star Wars: Episodio II - L'Attacco dei Cloni (2002). Questo "sequel del prequel" (altro esempio di questo genere di film è Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan su Batman) subì le critiche più negative da entrambe le parti. Decisamente, la maggioranza considera questo episodio come il peggiore della saga.



Nel mentre,Star Wars era già diventato un franchise a livello globale,con l'uscita di videogiochi ispirati ai film e rinnovati nel corso degli anni e nell'avanzare delle console videoludiche. Essi furono prodotti dalla LucasArts, la produzione videoludica di George Lucas che, oggi, lavora per la Disney.
Tre anni dopo,il pubblico e la critica rimasero soddisfatti della buona riuscita di Star Wars: Episodio III - La Vendetta dei Sith (2005), che "paraculava" molto bene la pigrizia evidente nei suoi due predecessori. Alcuni critici ritennero questo sequel che si collegava alla "Trilogia Originale" quasi al pari de L'Impero Colpisce Ancora.



Dopo il 2005, Star Wars continuò ad esistere tramite vari videogiochi: la maggior parte furono a tema Lego. Credo proprio che non serva descrivervi cosa siano i Lego. Per quasi un decennio, non si parlerà di un nuovo sequel su Star Wars per il cinema, finchè la Disney non comprò la LucasArts. Siamo nel 2012, quando la Disney trattò con George Lucas per l'acquisizione della LucasArts e di una parte delle azioni finanziarie della Lucasfilm.

Nel 2013, venne annunciato Star Wars: Episodio VII - Il Risveglio della Forza (2015) e George Lucas venne messo da parte, per far spazio a un altro regista avanguardistico, ovvero, J.J.Abrams. L'anno dopo, viene annunciato il compositore della colonna sonora, cioè, il veterano John Williams. Con questo settimo capitolo, la storia si collega grazie al ritorno di Harrison Ford e Carrie Fisher nei panni rispettivi di Han Solo e Leia Skywalker.

Finalmente, nel 2015, esce il primo componente della "Trilogia Sequel", scatenando un riscontro altamente positivo da parte di critica e pubblico, pari alla "Trilogia Originale". Il film rinnova tutto,partendo dal cast composto da nuovi attori esordienti come Daisy Ridley,John Boyega e Adam Driver. Tutti e tre hanno ricevuto dei riconoscimenti per le loro intepretazioni, oltre a Harrison Ford, il quale vinse il Saturn Award come miglior attore protagonista.



La "Trilogia Sequel" conferma un completo rinnovamento della saga, grazie alle nuove atmosfere create da un nuovo staff di produzione potenziato dagli aiuti finanziari della Disney e dal supporto della vasta comunità mondiale dei fan che diedero degli spunti per la creazione del film. Il buon riscontro del film lo si può notare anche da un invidioso George Lucas che disprezzò questo nuovo episodio, causando la rabbia dei fan, accusandolo di boicottaggio, solo perchè non era lui a scriverlo e dirigerlo.

Il quinto e ultimo motivo dell'importanza delle Guerre Stellari riguarda l'interesse a livello di studio e dell'interesse della gente sulla saga: alcuni libri di studio citano il primo Star Wars (1977) come il film che conclude il periodo cinematico della New Hollywood. La New Hollywood durò dal 1967 al 1977, dividendo vari film usciti in quei dieci anni precisi tra quelli di Sinistra, controculturali come Easy Rider di Dennis Hopper (1969) e quelli di Destra, che trasmettono la nostalgia dei film della Hollywood Classica, come L'Inferno di Cristallo di John Guillermin (1974), film con musiche di John Williams nominate all'Oscar dell'epoca.

Un libro di studio che approfondisce
il tema della New Hollywood

Star Wars, nei suoi 40 anni della sua esistenza, ha formato una comunità mondiale di fan, attirando milioni di persone, dai più piccoli ai più grandi. Molti fan diventano cosplayers, travestendosi dai personaggi che amano di più: tuttora, possiamo trovare dei fan travestiti da tutti i personaggi principali della saga,persino la versione sexy di Leia Skywalker catturata e resa schiava da Jabba The Hutt, ne Il Ritorno dello Jedi.

Un gruppo di ragazze che posano con il loro cosplay
dedicato a Leia Organa nella versione sopracitata


Star Wars rimane una delle saghe cinematografiche più citate ed imitate nel mondo del cinema fantascientifico,se non la più di tutte ed anche Groucho Marx, nel numero 171 di Dylan Dog di Claudio Chiaverotti (2000) cita Guerre Stellari e, se non vi dispiace, vorrei concludere così questo mio lungo pensiero su quanto possa essere importante per vari motivi la saga delle Guerre Stellari...

Groucho Marx cita la famosa frase
di Guerre Stellari a modo suo


...No, sto scherzando, preferisco concludere in un modo più elegante, mostrandovi la conduzione del tema principale di Star Wars di John Williams, condotto dal direttore d'orchestra che ha eseguito le musiche dell'apertura e della chiusura dell'ultimo film recente della saga: Gustavo Dudamel.



A presto.

E...

Che la Forza Sia Con Voi!!!


A.D.


P.S: Tutto il materiale video è stato tratto da vari canali di Youtube.

lunedì 10 ottobre 2016

A proposito di... Pokémon GO!

Nel primo episodio di "A proposito di videogiochi", la redazione di FormalMente ha deciso di inserire l'immagine di un Pikachu che camminava guardando il telefono, dal momento che il mio discorso aveva preso come primissimo spunto il polverone scatenatosi dopo le controversie e soprattutto gli incidenti stradali la cui causa è attribuita all'utilizzo di Pokémon GO.

Sinceramente, non ero del tutto favorevole all'utilizzo di quell'immagine, non solo perché il fulcro di quel post non era Pokémon GO, ma anche e soprattutto perché questo titolo merita in un certo senso la nomea di PIAGA DEL GAMING.

Ma andiamo con ordine, proponendo prima di tutto alcune considerazioni importanti per poter intrattenere una riflessione pertinente su questo gioco.

In principio, era il pesce d'aprile. Pare infatti che il primo aprile 2014, una collaborazione tra Nintendo e Google ha dato origine alla Pokémon Challenge, un evento limitato nel tempo durante il quale, nell'arco di quella specifica giornata, sarebbe stato possibile cercare e catturare dei Pokémon cercandoli in giro per la mappa globale di Google Maps.


Non sono riuscito a trovare prove certe che questa "caccia" abbia effettivamente avuto luogo, ma una cosa è certa: l'idea doveva essere piaciuta, se è vero che Tzunekazu Ishihara, presidente della The Pokémon Company, ha pensato che valesse la pena di investire su un progetto che perpetuasse l'esperienza di questa curiosa Challenge.

Ishihara infatti era fan di Ingress, una particolare applicazione per smartphone prodotta da Niantic Labs che utilizzava un innovativo sistema di gioco, vale a dire la realtà aumentata geolocalizzata, grazie a cui era possibile trasformare il mondo intero in uno sconfinato terreno di gioco.

Dopo un ragionamento semplice come un 2 più 2, Ishihara capì che lo "scherzo" della Pokémon Challenge poteva diventare una proficua realtà, e per fare ciò sarebbe bastato che la Niantic realizzasse un reskin di Ingress, producendo cioè una app che ne ricalcasse la struttura di base e che proponesse come scopo del gioco la ricerca dei Pokémon nel mondo reale, sempre sfruttando una mappa del mondo, probabilmente quella di Google Maps, e il localizzatore satellitare dei nostri smartphone.


Voglio a questo punto spiegare in breve come è stato realizzato Ingress. La Niantic, questa pionieristica software house nata all'interno di Google, aveva contrassegnato sulla mappa del mondo con la quale è stato sviluppato Ingress qualche decina di migliaia di luoghi di interesse sparsi sulla mappa del mondo, trasformando questi luoghi in zone in cui gli utenti di Ingress potessero interagire con il gioco, fare la propria mossa e, perché no, incontrare altri giocatori. Non più dunque un gioco mobile che vivesse nelle tasche dei giocatori e che viaggiasse con loro, bensì che facesse viaggiare i giocatori alla ricerca di zone adibite al gioco.

Cosa c'è di nuovo in Pokémon GO rispetto a Ingress? Oltre ad avere riutilizzato i punti di interesse già presenti su Ingress, la Niantic è ricorsa a un espediente ben noto ai giocatori della serie Pokémon, cioè la casualità degli incontri con i mostri che il giocatore vuole catturare, una caratteristica che è stata trasportata dal contesto delle console portatili Nintendo a quello degli smartphone e della pubblica strada; è all'aria aperta infatti che l'utente di Pokémon GO è chiamato a muoversi mentre gioca, facendo cadere di tanto in tanto l'occhio sul telefono nel caso ci fosse un Pokémon da catturare nei paraggi, con tutti i rischi di incidenti stradali che tutti conoscono e che in effetti non sono mancati.

Dove voglio arrivare con questo discorso? 
È presto detto: se è vero che diverse altre major dell'industria videoludica vogliono investire sulla realtà aumentata geolocalizzata per realizzare un loro gioco, personalmente non ho nulla in contrario, ma vanno tenute a mente tre cose per non far diventare questo sistema di gioco qualcosa di scadente ed estremamente discutibile.

Prima di tutto, Pokémon GO non è diventato un fenomeno di massa per via del suo sistema di gioco innovativo. 

Certo è fantastico che un videogame, una forma di intrattenimento che da sempre rinchiude in casa i suoi utenti, per una volta porti invece i giocatori fuori di casa, ma va fatto notare che anche Ingress funzionava alla stessa maniera e non ha avuto affatto lo stesso impatto mediatico di Pokémon GO. 

In altre parole, è il brand che fa la differenza. La maggior parte dei giocatori di questa app ha semplicemente goduto della gratuità di questa versione del suo videogioco preferito e nulla più. E a dirla tutta, dubito che i giocatori di Pokémon GO abbiano mai sentito parlare di Ingress, un gioco che, per quanto più complesso sotto certi aspetti, è ritenuto decisamente più interessante e profondo del suo successore.

Quanto dirò ora non piacerà agli sviluppatori indipendenti, a cui rivolgo tutta la mia solidarietà, ma, di fatto, la realtà aumentata nei videogiochi, per mantenersi in pista e regalare soddisfazioni a livello commerciale, probabilmente sarà costretta a mettere sempre, ai videogiochi creati con questo sistema, un nome famoso, un brand che ha già fatto record di vendite, qualcosa che, come Pokémon GO, faccia dire a tutti spontaneamente:"Lo voglio!". 

Senza questo, anche questa rivoluzione del gaming è destinata a trasformarsi in un fuoco di paglia.

In secondo luogo, il CodaCons e altri enti e associazioni hanno chiesto di bandire Pokémon GO in Italia, soprattutto per via dei fatti avvenuti anche sulle nostre strade a causa di questa app. 

Il dramma che sta alla base di questo infausto e disastroso binomio tra videogioco e incidenti stradali va ricercato, come abbiamo già accennato, nella casualità con cui i Pokémon compaiono sul telefono. Il gioco stesso invita a più riprese ad essere vigili sull'ambiente circostante, ma a quanto pare l'eccitazione della caccia a questi mostriciattoli è troppa. 

La soluzione a questo problema in realtà si troverebbe nei cari vecchi Game Boy, dove la caccia dei Pocket Monsters era delimitata solo a certe zone circoscritte del mondo di gioco.

Basterebbe (anche se mi rendo conto che la mole di lavoro per svolgere questa operazione sarebbe immensa) fare la stessa cosa su Pokémon GO, cercando cioè di confinare le zone in cui andare a caccia lontano dalle carreggiate, regalando forse un gioco meno esplorativo, meno "on the road", ma più sicuro.

Infine, bisogna rendere conto del fatto che la realtà aumentata geolocalizzata su cui si basa il gioco si è rivelata anche piuttosto invasiva nel mondo reale, al punto da spingere talvolta i giocatori ad effettuare delle vere e proprie violazioni di domicilio per raggiungere i Pokémon situati all'interno di proprietà private.

Per non trasformare la realtà aumentata in un'incomoda rottura di scatole, mi preme sottolineare che se da un lato il successo di Pokémon GO ha portato gli utenti di questa app a richiedere alla Niantic di contrassegnare tanti nuovi luoghi di interesse dove poter giocare, dall'altro sarebbe bene che chi svilupperà queste app si mostri disponibile anche verso chi non vuole che in una certa zona, come una proprietà privata, un terreno agricolo o altro, si introducano dei giocatori di Pokémon GO o di altri giochi simili. Per quanto possa essere forse ingiusto nei confronti di chi in fondo sta solo giocando e non sta facendo niente di male, è nel diritto di chiunque poter disporre di un repellente anti Pokémon nelle aree di propria competenza.

Su questa controversa app, per approfondire esaurientemente l'argomento, occorrerebbe istituire una rubrica a parte, ma non è mia intenzione.

Vi lascio con un video di Fraws del canale YouTube di "Parliamo di Videogiochi" che affronta il fenomeno di Pokémon GO confrontandolo con Ingress e vi saluto con un'ultima considerazione: per via della novità rappresentata dal boom della realtà aumentata, abbiamo assistito a una rivoluzione del gaming come lo abbiamo sempre conosciuto, però la tentazione di dire "Pokémon GO non è un gioco" ce l'ho, e non solo in quanto gioco "diverso" ma anche perché molto controverso per le ragioni spiegate finora.

Spero siano dunque chiare le ragioni che mi portano a considerare la realtà aumentata e il suo enorme successo a partire da Pokémon GO come una piaga del mondo videoludico e mi auguro che anche chi in futuro vorrà trasformare il mondo in un terreno di gioco lo faccia con giudizio e non solo pensando al proprio guadagno personale.

see ya
rising dark sun




venerdì 7 ottobre 2016

FuocoammOscar? Nein...




Lunedì scorso, su Raitre, è stato trasmesso "Fuocoammare" di Gianfranco Rosi, candidato italiano per gli Oscar che ci saranno fra poco, cioè nel Febbraio 2017. Permettetemi di esprimere la mia delusione riguardo alla scelta che l'ANICA, l'associazione cinematografica che ha l'incarico di scegliere il rappresentante italiano per gli Oscar, ha fatto per questo film.

Innanzitutto, non mi posso unire alla gente delusa del fatto che al posto di "Fuocoammare" non ci sia stato "Lo Chiamavano Jeeg Robot" di Gabriele Mainetti, semplicemente perchè non ho visto quest'ultimo titolo.

La mia delusione si riferisce alla struttura del film, che è stato classificato come documentario: dopo aver visto vari documentari di vario genere, da Michael Moore a Morgan Spurlock, oppure Sabina Guzzanti, o ancora i brevi documentari di Sky targati "VICE", mi sarei aspettato un reportage sul naufragio di Lampedusa con tanto di testimonianze da parte dei soccorritori dei migranti, dando così una forte sensibilità reale agli spettatori.

Ed invece, il film propone un tributo ai film di Pier Paolo Pasolini, con le sue scene silenziose che non mi sembravano adatte ad un film che dovrebbe denunciare le stragi migratorie. Con tutto il rispetto per Pasolini... però un conto è fare un film che denunci alla base le stragi di migranti, cosa che avrebbe il consenso assicurato da parte di Laura Boldrini, attuale Presidente della Camera, mentre fare un film che emargina continuamente italiani e migranti insieme è un altro.

In entrambi i casi, il pensiero di Laura Boldrini sarebbe diventato un film. Peccato che, a prima visione, "Fuocoammare" mi pare che faccia parte della seconda categoria. Le scene di maggior impatto, come la sequenza delle facce tristi e disperate dei migranti salvati dai soccorsi italiani, la breve sequenza atroce dei cadaveri dei migranti ammassati nella stiva e la sequenza del profondo racconto di Pietro Bartolo, un vero medico che ha soccorso i reduci del naufragio di Lampedusa, sono state costruite in un modo troppo sensibile per essere realistico, dando un tono molto shakesperiano alla vicenda.

Le scene sopracitate sono le più adatte ad un contenuto per un film da candidare all'Oscar, perchè l'impatto da parte di esse è immediato, mentre nelle altre c'è una noia mortale che, in alcuni punti, non serviva proprio, come la scena del bambino che vede di notte l'uccellino, oppure la scena del bambino con un vecchio ed il suo compagno di classe. Scene che non c'entravano nulla con la tematica del film, il quale viene ulteriormente rallentato.

Solo perchè ha vinto l'Orso d'Oro a Berlino, non significa che debba essere nominato all'Oscar, ma io spero che non entri nellla short list dell'Academy, perchè non lo vedo meritevole di questo riconoscimento. Lo vedo vulnerabile di fronte alla sua concorrenza e di paesi concorrenti ce ne sono tanti!

Concludo questa mia riflessione a "prima visione" sul film, dicendo che ho solo espresso la mia opinione personale sull'opera di Gianfranco Rosi, che vale 1 e non 100. Ed ovviamente,non è mia intenzione fare della pubblicità negativa al film. E' una critica su di esso... tutto qui. Se pensate che debba fare una riflessione a "nuova visione", cioè che debba rivederlo una seconda volta per avere un possibile ripensamento, ditemi pure le vostre personali opinioni, commentando sotto il post.

FuocammOrso? Ja!

A.D.

mercoledì 5 ottobre 2016

Referendum e Unione Europea: e se fosse il popolo a decidere?

Da quando il Regno Unito è definitivamente uscito dall'Europa nel giugno di quest'anno, con un referendum consultivo in cui i cittadini sono stati chiamati ad esprimere il proprio parere circa la permanenza dello Stato nell'Unione, in Italia non sono mancate repliche forti.  Ed in particolar modo quei partiti notoriamente antieuropeisti ed euroscettici, come Lega Nord, Movimento 5 Stelle e Fratelli di Italia, hanno sollevato un moto comune che chiedeva a gran voce che anche qui si tenesse un referendum che virava su una possibile ItalExit. Ma purtroppo questo è vietato nel nostro paese.

Come sottolinea l'articolo 75 della Carta Costituzionale, la ratifica dei trattati internazionali (e all'UE l'Italia ha aderito con il Trattato di Maastricht) nonché l'adesione ad organizzazioni sovranazionali di Stati, sono compiti del Parlamento non sottoponibili al popolo.
Certo, i più avveduti ricorderanno che nel 1989 un referendum si è svolto, onde sondare la volontà popolare sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento Europeo, ma si trattava di un referendum consultivo: cioè uno strumento con cui il popolo viene ascoltato su una determinata questione, ma quale che ne sia l'esito questo non ha nessun valore vincolante per il Parlamento, che può comunque disattenderne il risultato. Ed in più è non previsto dalla Costituzione, quindi perché sia indetto è necessaria una specifica legge costituzionale ad hoc.

Esterno del Parlamento di Strasburgo

Quindi non dobbiamo cadere nelle facili trappole di chi chiede a gran voce un referendum. Si, è vero, Alessandro di Battista ad esempio, parla spesso di "indire un referendum consultivo", spalleggiato come non mai dai suoi sostenitori, ma sarei davvero curioso di sapere se i suoi sostenitori conoscano l'effettiva portata di quel "consultivo", o siano semplice preda di un abile oratore.

Ancora più grave è quanto sostenuto di recente da Giorgia Meloni sul suo sito web personale (intervista che potete leggere qui http://www.giorgiameloni.it/2016/09/30/meloni-libero-referendum-sulla-ue-nel-programma-governo/). Come potete da voi leggere, tra le linee programmatiche di Giorgia Meloni ci sarebbe  "il diritto per i cittadini di esprimersi sulla ratifica dei trattati internazionali, compresi quelli sulla nostra presenza nell’Ue." In breve modificare l'articolo 75 per dare un potere di ratifica popolare fortissimo.

La storia è maestra quindi facciamo un passo indietro: perché i nostri padri costituenti hanno inserito quella disposizione in Costituzione? La Seconda Guerra Mondiale si era appena conclusa e l'Italia ne era uscita gravemente sconfitta. Si attendeva adesso la firma del Trattato di Parigi (vale a dire il trattato di pace) poi avvenuta il 10 febbraio del 1947. Un eventuale voto contrario del popolo di quel trattato se ci fosse stato un referendum, avrebbe condotto l'Italia ad una nuova guerra contro le superpotenze vincitrici del conflitto. In primis USA e Unione Sovietica. Ed i motivi per cui l'Italia avrebbe effettivamente potuto opporsi ai trattati sono molteplici: in primo luogo per la cessione delle colonie e la perdita dei territori conquistati, oltre al pagamento dei danni di guerra (360 milioni di dollari del 1938 per l'Italia).

In più questo strumento, tra derive demagogiche e il rifiorire dei partiti populisti e nazionalisti, appare oggi come nel '47, una clausola indispensabile per evitare il riaffermarsi di leader pseudofascisti, per evitare la rottura di rapporti diplomatici e pregiudicare le importanti finalità cui tendono le convenzioni internazionali.

Siamo obiettivi, è grazie ad esempio ad una direttiva europea come la 2004/38/CE se oggi possiamo spostarci liberamente in Europa senza passaporto, ma con il nostro solo documento di identità, e possiamo stabilirci più facilmente fissando residenza al di fuori del nostro paese.
È grazie ai trattati europei se, in un paese extraeuropeo privo di ambasciate italiane, possiamo trovare assistenza nell'ambasciata di uno qualsiasi degli altri Stati comunitari.
Ed in ultimo, siamo diposti a rinunciare ai cosiddetti "nuovi diritti"? Quei diritti che non sono sanciti in Costituzione, ma che l'Italia eleva a rango di fondamentali proprio perché portanti nell'intelaiatura europea, o in trattati internazionali europei di cui è firmataria (pensiamo alla CEDU). Parliamo del diritto alla libertà sessuale, il diritto all'abitazione, il diritto alla riservatezza, il diritto all'identità personale e sessuale e soprattutto il diritto alla vita.
Pensate cosa potrebbe accadere se qualcuno sollevasse un referendum su accordi di questa portata. Personalmente non vorrei mai vivere in un paese dispotico.

-Superman

martedì 4 ottobre 2016

A proposito di videogiochi - Repetita iuvant

Come è già capitato altre volte nei post dedicati al mondo videoludico, mi avete più volte visto mettere le mani avanti su quelle che sono le problematiche reali che sarebbe ipocrisia negare su questo argomento.

Nello scrivere lo scorso episodio di questa serie, ho pensato un momento a come i genitori vedono i loro figli rapportarsi ai videogiochi, e di fronte alle lunghe e frequenti sessioni di gioco a cui si sottopongono i più giovani, spesso gli adulti ritengono che questi ragazzi stiano sprecando il loro tempo.

È innegabile che, a questo proposito, ci siano degli eccessi, degli abusi da parte dei giocatori, per quanto riguarda i tempi e i modi adottati per dedicarsi a questo passatempo, e tali eccessi rappresentano il punto di contrasto più delicato in questo dibattito.

E dunque, voglio ripartire facendo alcune considerazioni, forse un po' moralistiche ma doverose, in merito alla capacità che un ragazzino dovrebbe avere di gestire il proprio tempo anche in relazione ai suoi doveri e ai suoi compiti, ma anche e soprattutto al rapporto da mantenere con i suoi simili e con i propri cari.

Non si può negare infatti che i videogiochi, spesso, PIACCIONO TROPPO ai loro utenti.


Questo non sarebbe in sé per sé un problema. In fondo, di manie se ne possono avere tante, e poi, come si dice, ciascuno è a suo modo, e finché una nostra mania non mette a repentaglio l'integrità e l'incolumità propria o altrui, il problema non dovrebbe esistere.

Tuttavia, il sospetto talvolta fondato di molti osteggiatori del gaming è che un rapporto troppo stretto con i videogiochi causi molto spesso una regressione culturale e psicologica nelle nuove generazioni.

E purtroppo, a dimostrazione di questa teoria, è sufficiente andare a leggere i commenti sotto a un qualsiasi video di YouTube che parli di videogiochi per trovare discorsi dalla dubbia integrità morale e/o grammaticale usciti dalla tastiera di qualche videogiocatore in età adolescenziale.

Questo clima che aleggia in questo mondo già di per sé incomprensibile ai più non fa che peggiorare tutti i luoghi comuni a cui sono sottoposti i videogiochi, i quali sono ritenuti colpevoli di traviare le nuove generazioni rendendoli in qualche modo violenti, maleducati e ignoranti.

Quello che bisogna dire è che videogiocare fa sentire una persona importante, forte, almeno quando vince. Mettersi in gioco è sempre un'esperienza positiva in fondo.

Il rischio però, che spesso si traduce in realtà, è che chi gioca tenda purtroppo a mettere il piacere prima del dovere, trascurando così il proprio rendimento scolastico.

Inoltre, la frustrazione di cui soffre un giocatore che non riesce a vincere può talvolta incattivire quest'ultimo dopo una numerosa serie di sessioni di gioco. Anche se dopo un po' un giocatore poco esperto migliora il proprio stile di gioco rendendo meno frequenti le sconfitte, la negatività accumulata durante il gioco può sedimentarsi nel suo animo, rendendo meno pacifico il suo atteggiamento nei confronti degli altri.

La soluzione a questa situazione, a mio avviso, dovrebbe essere una maggiore attenzione da parte degli adulti alla vita dei figli. Ho già enumerato, nel primo capitolo di questa rubrica, alcuni consigli utili che possano dare delle basi per un "videoludere" più sano, e qui vi ripropongo alcuni consigli essenziali che già proposi allora:

- è innanzitutto fondamentale accordare con i propri figli un tempo limite in cui giocare, e comunque non prima di aver finito i compiti;

- i videogiochi possono generare grande entusiasmo ma anche grande rabbia nei suoi utenti. È dunque importante, senza voler frenare a tutti i costi l'entusiasmo di chi si sta divertendo, insegnare ai propri ragazzi a gestire la loro emotività durante ogni sessione di gioco, nel rispetto di una necessaria quiete domestica;

- un aiuto essenziale da non dimenticare va dato sulla necessità di non confondere il gioco con la realtà, o perlomeno a far sì che i nostri giovani non arrivino a preferire la realtà del videogioco al mondo reale vero e proprio, incoraggiandoli dunque a mantenere vivo il contatto con il mondo fuori di casa;

- senza preoccuparsi più di tanto della propria Eincapacità come giocatori, nulla vieta ai genitori di giocare insieme ai propri figli ogni tanto. Se saranno un minimo ricettivi, apprezzeranno il tentativo di avvicinarvi al piccolo mondo che tanto amano, aprendo uno spiraglio verso il mondo reale qualora quello videoludico iniziasse ad avere il sopravvento nella loro mente. Questo, però, a patto che il genitore si avvicini al gioco con un atteggiamento rispettoso, senza far capire che sta giocando controvoglia o dando l'idea di ritenere il gioco che si ha di fronte come qualcosa di categoricamente stupido; per un giovane il videogioco può essere un terreno sacro, comunque ricco di passione ed emozioni, e l'umiltà è un requisito fondamentale per avvicinarsi a questo terreno come ospite e non come intruso.

Concludo questo discorso con un video dei "Quei due sul server", che si ricollega al video che postai agli inizi di questa rubrica e che di fatto si ricollega proprio al video che postai allora, che offre ulteriori consigli utili sia per i giocatori che per i non giocatori su come affrontare i rischi legati all'abuso di questa forma di intrattenimento così particolare.

E le domande con cui vi lascio oggi sono le seguenti: cosa stiamo facendo per rendere il videogioco un medium sicuro? La soluzione drastica dell'astensione dal gioco o addirittura il sequestro degli strumenti con cui si gioca sono una soluzione? È possibile andare incontro alla necessità dei genitori di fare un corretto uso di questi strumenti e a quella dei figli di intrattenersi liberamente? E per chiudere, io ho affrontato le.tematiche riguardanti l'utilizzo del tempo con i videogiochi che non deve sottrarre tempo al rendimento scolastico e alla formazione dei ragazzi nonché i malumori e le ripercussioni negative nella psiche dei giocatori giovani che possono verificarsi mentre si gioca. Ci sono secondo voi altre conseguenze oggettive di un videoludere sbagliato che meritano di essere toccate?

Discutiamone nei commenti.

see ya
rising dark sun

sabato 1 ottobre 2016

Una chiacchierata con Benedetta Degli Innocenti

Vi presento un video importante per i fan di Star Wars e per chi vorrebbe sapere qualcosa d'interessante sul doppiaggio. Il 17 e il 18 Settembre di quest'anno c'è stato il PratoComics&Play,la fiera del fumetto di Prato,dove ci sono stati ospiti illustri come Maurizio Merluzzo (basta citarvi Cotto & Frullato ed avrete già capito di chi vi parlo) e Benedetta Degli Innocenti,doppiatrice di Daisy Ridley,la protagonista bella e brava di "Star Wars VII - Il Risveglio Della Forza" di J.J.Abrams (2015).

Nel video,vedrete la conferenza del PratoComics con Benedetta Degli Innocenti,la quale inizia a raccontare in quale momento ha saputo di essere stata scelta per il ruolo di Rey ed anche alcune questioni tecniche sul doppiaggio ed altrettante curiosità.




Il mio intervento a fine conferenza lo trovate negli ultimi minuti della Parte 2. Vi chiedo scusa per il mio impappinamento,ma vi giuro che ero emozionato ed agitato,tanto da incasinare pure le parole mentre parlavo. Perdonatemi!

(Video e altri contenuti disponibili sulla nostra pagina: https://www.facebook.com/formalmenteblog)

Vi auguro una buona visione!


A.D.