Come sottolinea l'articolo 75 della Carta Costituzionale, la ratifica dei trattati internazionali (e all'UE l'Italia ha aderito con il Trattato di Maastricht) nonché l'adesione ad organizzazioni sovranazionali di Stati, sono compiti del Parlamento non sottoponibili al popolo.
Certo, i più avveduti ricorderanno che nel 1989 un referendum si è svolto, onde sondare la volontà popolare sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento Europeo, ma si trattava di un referendum consultivo: cioè uno strumento con cui il popolo viene ascoltato su una determinata questione, ma quale che ne sia l'esito questo non ha nessun valore vincolante per il Parlamento, che può comunque disattenderne il risultato. Ed in più è non previsto dalla Costituzione, quindi perché sia indetto è necessaria una specifica legge costituzionale ad hoc.
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Esterno del Parlamento di Strasburgo |
Quindi non dobbiamo cadere nelle facili trappole di chi chiede a gran voce un referendum. Si, è vero, Alessandro di Battista ad esempio, parla spesso di "indire un referendum consultivo", spalleggiato come non mai dai suoi sostenitori, ma sarei davvero curioso di sapere se i suoi sostenitori conoscano l'effettiva portata di quel "consultivo", o siano semplice preda di un abile oratore.
Ancora più grave è quanto sostenuto di recente da Giorgia Meloni sul suo sito web personale (intervista che potete leggere qui http://www.giorgiameloni.it/2016/09/30/meloni-libero-referendum-sulla-ue-nel-programma-governo/). Come potete da voi leggere, tra le linee programmatiche di Giorgia Meloni ci sarebbe "il diritto per i cittadini di esprimersi sulla ratifica dei trattati internazionali, compresi quelli sulla nostra presenza nell’Ue." In breve modificare l'articolo 75 per dare un potere di ratifica popolare fortissimo.
La storia è maestra quindi facciamo un passo indietro: perché i nostri padri costituenti hanno inserito quella disposizione in Costituzione? La Seconda Guerra Mondiale si era appena conclusa e l'Italia ne era uscita gravemente sconfitta. Si attendeva adesso la firma del Trattato di Parigi (vale a dire il trattato di pace) poi avvenuta il 10 febbraio del 1947. Un eventuale voto contrario del popolo di quel trattato se ci fosse stato un referendum, avrebbe condotto l'Italia ad una nuova guerra contro le superpotenze vincitrici del conflitto. In primis USA e Unione Sovietica. Ed i motivi per cui l'Italia avrebbe effettivamente potuto opporsi ai trattati sono molteplici: in primo luogo per la cessione delle colonie e la perdita dei territori conquistati, oltre al pagamento dei danni di guerra (360 milioni di dollari del 1938 per l'Italia).
In più questo strumento, tra derive demagogiche e il rifiorire dei partiti populisti e nazionalisti, appare oggi come nel '47, una clausola indispensabile per evitare il riaffermarsi di leader pseudofascisti, per evitare la rottura di rapporti diplomatici e pregiudicare le importanti finalità cui tendono le convenzioni internazionali.
Siamo obiettivi, è grazie ad esempio ad una direttiva europea come la 2004/38/CE se oggi possiamo spostarci liberamente in Europa senza passaporto, ma con il nostro solo documento di identità, e possiamo stabilirci più facilmente fissando residenza al di fuori del nostro paese.
È grazie ai trattati europei se, in un paese extraeuropeo privo di ambasciate italiane, possiamo trovare assistenza nell'ambasciata di uno qualsiasi degli altri Stati comunitari.
Ed in ultimo, siamo diposti a rinunciare ai cosiddetti "nuovi diritti"? Quei diritti che non sono sanciti in Costituzione, ma che l'Italia eleva a rango di fondamentali proprio perché portanti nell'intelaiatura europea, o in trattati internazionali europei di cui è firmataria (pensiamo alla CEDU). Parliamo del diritto alla libertà sessuale, il diritto all'abitazione, il diritto alla riservatezza, il diritto all'identità personale e sessuale e soprattutto il diritto alla vita.
Pensate cosa potrebbe accadere se qualcuno sollevasse un referendum su accordi di questa portata. Personalmente non vorrei mai vivere in un paese dispotico.
-Superman
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