martedì 18 ottobre 2016

E se sventolare la bandiera dell'ISIS fosse legale?

Quando quel tifoso della nazionale di rugby neozelandese aveva steso sotto il suo terrazzo, a Fidenza nel parmense, la bandiera simbolo della sua squadra, gli All Blacks, non avrebbe certo immaginato che decine e decine di telefonate preoccupate avrebbero spinto la polizia a presentarsi sotto il suo appartamento. Perché effettivamente quella bandiera, tutta nera con decori e scritte bianche, era stata scambiata per il vessillo dello Stato Islamico. Gli attentati francesi avvenuti appena pochi giorni prima avevano inasprito il clima, e le interviste rilasciate dai passanti, anche dopo che l'equivoco era stato chiarito, lasciavano trapelare la paura e la tensione di chi si trova a fare i conti con un simbolo di tale portata.

E ribadiamo: era solo un malinteso.

Ben più emblematica è invece la soluzione emersa dalle pagine di una recentissima sentenza svedese (che l'Independent ci riporta qui) sul caso di un giovane 23enne siriano di Laholm nella Svezia meridionale, che ha deciso di fissare quale foto utente del suo profilo Facebook, una sua effige mentre imbraccia una bandiera dell'autoproclamato Stato Islamico di Siria e Iraq. Nessun equivoco stavolta: quella bandiera è proprio quella dell'IS.


Dopo una lunga attività processuale con il coinvolgimento delle forze dell'ordine (che sul ragazzo indagavano da marzo), il giudice si pronuncia con:
la bandiera dell'ISIS non è espressione di intolleranza contro uno specifico gruppo etnico, ma contro tutti, eccenzion fatta per chi fa parte dell'ISIS. 
Il novero dei diritti costituzionali svedesi parla chiaro: la tutela si volge verso le minoranze e in presenza di una espressione di ostilità indistinta, che non colpisce cioè singoli gruppi sociali, nulla si può fare. È una sorta di cane che si morde la coda, una piccola empasse della democrazia che crolla usando gli stessi strumenti democratici.

Alle parole del giudice si aggiungono quelle del giovane secondo cui la bandiera non manifesterebbe il suo sostegno all'ISIS, ma sarebbe stata un simbolo dell'Islam per centinaia di anni, che poi lo Stato Islamico ha fatto suo ed abusato. Un po' come la svastica che è passata da simbolo religioso indiano a simbolo di odio della Germania hitleriana. Eppure la legislazione svedese considera tutto quell'unicum della simbologia nazista come espressione di odio, punendolo talvolta anche con la reclusione.

Lo stesso paragone con il nazismo viene sollevato dalla tesi accusatoria sostenuta da Gisela Sjövall. Sostenere il nazismo non vuol dire dopotutto odiare solo il popolo giudaico, ma odiare chiunque non ne sposi le sue affermazioni. Quindi quel corollario su cui si informerebbe la sentenza finirebbe con il crollare, giusto il tempo di documentarsi sulla storia europea e i suoi moti sociali.

In più quella bandiera non è la prima volta che viene fatta propria da gruppi terroristici di matrice islamica. Pensiamo ad Al-Shabab e ad Al-Qaeda. E se in fondo non rappresentasse un simbolo di odio come ribadisce il ragazzo, mi chiedo perché esporre la versione con fondo nero e scritta bianche e non quella al negativo, cioè con fondo bianco e scritte nere? La prima, che tutti noi conosciamo per essere stata rimbalzata dalla propaganda dei radicalizzati, è dopotutto anche nota come la bandiera di guerra dello Stato Islamico (la seconda ha usi di pace). Di suo, nel simbolismo che la stessa richiama, evoca quindi una idea di un certo rilievo.

E infine mi soffermerei appena sulle ripercussioni politiche e sociali che questa sentenza subirà in un paese come la Svezia, dove le tensioni tra la popolazione autoctona e gli immigrati (presenti in misura doppia rispetto che in Italia) sono elevatissime e dove i quartieri islamici tendono sempre più ad isolarsi nelle città. Specie nella misura in cui qualche altro giudice nazionale, in Unione Europea, tenterà di imitare l'esempio del tribunale nordico. A questo punto vale ben sperare che la Corte Europea dia un segno forte in senso negativo.

- Superman

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