venerdì 30 settembre 2016

Contraccezione: un piccolo lusso?

Il 26 settembre è stata celebrata la Giornata Mondiale della Contraccezione. Nonostante siano stati pubblicati diversi articoli a riguardo, eravamo tutti così presi dal Fertility Day (o Fertility Fake, come è stato ribattezzato sui social)  che non abbiamo dato peso all’evento.

E non ci siamo accorti nemmeno che, due mesi fa, il Governo ha deciso di spostare i pochi contraccettivi orali rimasti nella fascia A, quella che garantisce la gratuità del farmaco, in quanto acquistati e distribuiti dal Servizio Sanitario Nazionale, alla fascia C, quella che indica che il paziente deve pagare tutto il farmaco di tasca propria. Questo perché moltissime altre pillole erano già in fascia C, quindi per eliminare la disomogeneità nella distribuzione e vendita dei farmaci di questa categoria e non favorire nessuno le hanno riclassificate tutte in quest’ultima fascia.

Ora, i farmaci in questione sono molto economici, il loro prezzo va dai 3 ai 5 euro a confezione, ma pensiamo alle persone meno abbienti: cosa preferiranno comprare, un medicinale o del cibo? Queste persone, oltre a esporsi al rischio di gravidanze indesiderate, potrebbero non avere la possibilità di curare disturbi che vengono trattati con cicli ormonali, come la policistosi ovarica.
Inoltre questo intervento mina ancora di più la libertà di decidere se si vuole avere un figlio o meno, garantita dalla legge 405/75, la quale promuoveva la gratuità della contraccezione e dell’accesso ai consultori.


Certo, esistono anche altri metodi contraccettivi, ma sono tutti in fascia C. Senza contare che gli italiani non usano abbastanza questi metodi sicuri: il 17,5% delle donne ricorre alla pratica del coito interrotto, il 4,2% ai metodi naturali e il 3,1% alla buona sorte o ad altri rimedi.  La pillola viene presa solo dal 16,2%, un dato fra i più bassi d’Europa. L’utilizzo dei contraccettivi è particolarmente basso nel Sud Italia.

Quindi ci si chiede: perché il Servizio Sanitario Nazionale e il Governo non promuovono più la contraccezione? La maternità sarà una scelta obbligata, dato che anche l’aborto non è sempre garantito a causa dell’eccessivo numero di obiettori di coscienza? Ci faranno pagare anche quest’ultimo, prima o poi? Ma soprattutto: perché la Giornata della Contraccezione e questo intervento non sono stati annunciati come il Fertility Day?


Stiamo tornando indietro di decenni: tutte le battaglie condotte per la scelta di essere madre o meno sono piano piano ridiscusse e cancellate. Temo che  in futuro alzeranno i prezzi dei contraccettivi in modo tale che il loro uso diventerà un piccolo lusso. Con il rischio di tante, troppe gravidanze indesiderate.

Neifile

giovedì 29 settembre 2016

A proposito di videogiochi - Appunti sulla fuga dalla realtà

Voglio riprendere la riflessione sui videogiochi partendo da una domanda:

Quale medium, sia esso audiovisivo o semplicemente visivo come un'opera d'arte figurativa o come una qualsiasi forma di comunicazione scritta, come un libro, una rivista o addirittura questo stesso blog, quale tra questi medium non pone come condizione fondamentale per una fluida comunicazione la totale attenzione del fruitore di tali media?

Eppure, nessuno di noi potrebbe definire chi legge un libro, chi guarda un film o chi fruisce di una delle succitate forme di comunicazione come un nerd, come qualcuno che si isola dalla realtà, o perlomeno, nessuno esprimerebbe un simile "giudizio" a prescindere, solo basandosi sulla natura del medium a cui espone la propria totale attenzione.

È esattamente quello che purtroppo avviene da sempre nel mondo dei videogiochi.

Immagine tratta dalla pagina Facebook di multiplayer.it

Dopo aver esaminato, nello scorso episodio, le dinamiche della dipendenza dai videogiochi, oggi la riflessione si sposterà sul problema della fuga dalla realtà che ANCHE questo medium rappresenta.

Tale fuga, in effetti, è una condizione fondamentale di qualsiasi medium, come si è accennato all'inizio. Non esiste una forma di comunicazione che non preveda la chiusura, o meglio la focalizzazione in un'unica direzione, dei nostri canali ricettivi. È possibile leggere un solo libro alla volta o guardare un solo video alla volta. Quando esponiamo la nostra attenzione a un medium, soprattutto se questo richiede l'utilizzo della vista per essere fruito, stiamo temporaneamente distaccando in qualche misura i nostri sensi dalla realtà circostante in favore del contenuto veicolato dal medium a cui siamo esposti.

Quella che chiamiamo fuga dalla realtà altro non è che una esplorazione di un'altra realtà, sia essa il contenuto di una narrazione, un fatto di cronaca letto su un giornale, leggere un'argomentazione su un blog, o magari la semplice visione di un'immagine.

Lo spauracchio che sembra colpire i videogiochi e che arriva ad identificare la fuga dalla realtà come una loro caratteristica esclusiva e perlopiù prodiga di rischi per i giovani riguarda non solo la loro funzione di medium esclusivamente rivolto all'intrattenimento (e come tale ritenuto futile, superfluo, comunque non necessario), ma anche ai contenuti tipici dei videogiochi e alle dinamiche specifiche del videogiocare.

Innanzitutto, stiamo parlando di un passatempo che richiede, per essere utilizzato al meglio, una interazione costante da parte del fruitore. L'attività ludica in genere richiede una continua partecipazione di chi vi prende parte, e i videogiochi di fatto altro non sono che una materializzazione di attività ludiche più o meno originali, create, o meglio sviluppate, per poterle distribuire sotto forma di prodotto videoludico attraverso un supporto informatico, che può essere un cd, un DVD, o anche una cartuccia elettronica da inserire in una console.

È forse proprio la natura propria dei videogiochi di "media interattivi" a spaventare l'opinione pubblica, o perlomeno, di quel pubblico che non si è mai avvicinato a questo mondo abbastanza da poterlo capire.

Di fatto, non esistono altre forme di comunicazione che, come i videogiochi, pongano come condizione fondamentale per essere utilizzato l'interazione tra l'utente e il medium stesso. Un libro non muta forma durante la lettura, come un film non cambia durante la visione, mentre un videogioco ha come statuto il continuo divenire, ovvero il costante progresso del gioco verso un risultato finale.

Ma di fatto, cosa c'è di male nelle dinamiche proprie del videogioco, al suo renderci cioè sempre di più protagonisti di una realtà alternativa? Davvero spaventa così tanto questa idea che immergersi in queste realtà virtuali possa intrappolare una giovane mente, come in una sorta di Matrix, o peggio ancora, che possa far confondere qualcuno al punto da mescolare videogioco e realtà?

In realtà, il vero motivo per cui questa fuga allarma gli adulti non giocatori va casomai identificata come una mera paura dell'ignoto, e ci tengo a far notare che alle orecchie di un giocatore questo presupposto ha li sapore dell'impertinenza. Ogni volta cioè che si accende lo scontro tra chi ama giocare e chi non può vedere manco lontanamente un videogioco, da una parte, spesso, c'è un adulto completamente ignorante in materia e che vuole rimanere tale e un giovane che nei videogiochi ripone gli stessi sentimenti che ha un lettore nei confronti del suo romanzo preferito o uno spettatore verso il film che ama di più, e ogni volta vede trattare l'oggetto della sua passione come qualcosa di irrevocabilmente stupido. Avete idea di quanto possa essere frustrante sorbirsi ogni maledetta volta questo tipo di pregiudizi da chi ti ha messo al mondo?

Vorrei proporre a questo proposito una semplice riflessione sui rischi rappresentati da questo tipo di evasione: anche respirare, se fatto in maniera sbagliata, può essere pericoloso. Respirare troppo velocemente porta all'iperventilazione, respirare aria inquinata non è sano. Lo stesso vale per i videogiochi.

Esaurire tutti gli aspetti che riguardano i videogiochi come fuga dalla realtà trovo che sia un'impresa disperata, ragione per la quale sarei molto felice di approfondire il tema di questo post, più che in un futuro episodio, nei commenti qui sotto. E la domanda con cui vi lascio oggi è: perché dovrebbe essere immorale o comunque sbagliato disporre di uno strumento in grado di farci fuggire per un attimo dalla realtà?

Discutiamone nei commenti.

see ya
rising dark sun

mercoledì 28 settembre 2016

Tra i due litiganti,il terzo...se ne sta tranquillo.


("Europa vs Italia" di Bruno Bozzetto - 1999)

Ultimamente, provo angoscia, ansia e rabbia, quando sento parlare o discuto di politica italiana. Il 4 Dicembre si vota per il Referendum Costituzionale voluto da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi e la propaganda elettorale del Sì e del No mi hanno già fatto andare in paranoia.

E siamo quasi ad Ottobre: per due lunghi mesi sentiremo Matteo Renzi e i suoi ammiratori a inneggiare per il Sì al cambiamento della Costituzione e, dall'altra parte, Beppe Grillo e i suoi ammiratori a inneggiare per il No.

Il sottoscritto vi annuncia già una cosa: la via di mezzo dell'astensione. Dopo essermi informato, leggendo il testo originale della nuova riforma costituzionale e qualche altro sito per avere una semplice sintesi di ciò che potrebbe accadere in entrambi i casi, dopo la votazione, attualmente il referendum non mi ha convinto.

Prima di tutto, la riforma porterebbe beneficio solamente a livello politico: perchè dare più potere ad alcune cariche dello Stato se sono già potenti ora? E poi, attueranno subito e davvero quello che avranno proposto?

Qualche giorno fa commentai un post di Dellimellow, un noto youtuber che affronta la tematica della politica in forma tecnica e (forse) filo-renziana, comunicandogli il mio forte scetticismo sul referendum. Lui mi ha chiaramente risposto: "Guarda che,anche se la attueranno, non ti aspettare chissa cosa..."
La mia replica a Dellimellow: "E' proprio il chissà cosa che mi rende molto scettico!"

Una delle dichiarazioni di Maria Elena Boschi riguardava una frase modificata sulla Carta Costituzionale e lei, in quel momento, diceva che "scritto in questo modo è molto meglio...". Mi fa paura e mi trasmette molto scetticismo il suo comportamento. Una cosa è cambiare la Costituzione a livello di scrittura ed un altro è cambiarla con abolizioni radicali. Una dichiarazione del genere me l'aspetterei da una ragazza molto carina che lavora nel settore della moda, un settore in cui curano anche troppo l'estetica dei loro modelli e non da un'importante ministra.

E se ho apprezzato solamente un decimo di quella riforma, cioè l'abolizione del CNEL, organo statale contestato per il suo alto assenteismo, come faccio ad essere d'accordo anche con l'opposizione che sta avendo la stessa reputazione del PD,ovvero l'M5S?

Mi sento deluso da entrambe le parti che ho addirittura votato negli ultimi 3 anni: nel 2013, alle primarie del PD, votai Matteo Renzi perchè voleva cambiare le cose, ma la sua prima dichiarazione che fece da Presidente del Consiglio mi rammentò Silvio Berlusconi nelle scuole de L'Aquila, dopo il tragico terremoto del 6 Aprile 2009.

Mi sentii preso in giro, e così, alle elezioni europee del 25 Maggio 2014 (data maledetta!), votai Giulia Sarti dell'M5S, la quale era una studentessa di quasi 30 anni (all'epoca) dell'Università di Bologna. Però, dopo poco tempo, mi sentii deluso anche da loro, e premetto di non aver mai fatto parte del loro sito o del loro blog.

Sia il PD che l'M5S hanno due capi che si portano dietro i loro scagnozzi e dal 2013, continua ancora oggi questo eterno conflitto tra Matteo Renzi e Beppe Grillo, oscurando l'ormai vecchio Silvio Berlusconi, il quale sta per arrivare a 80 anni.

Sia la capitaneria di governo (PD) che le sue opposizioni non mi convincono per niente in ciò che fanno. Chi dovrei seguire? Un uomo incravattato alla Kevin Spacey che fa dichiarazioni filosofiche vuote? Oppure dovrei star dietro ad un barbuto bianco come uno stregone fantasy che fa spettacolo anche in politica e che ha avuto il coraggio di passare lo scettro di vicecapo al figlio del suo amico defunto Gianroberto Casaleggio, promuovendo inconsciamente la raccomandazione?

Oppure, devo seguire un vecchio imprenditore televisivo che non mostra nulla di nuovo (cioè, Silvio Berlusconi)? Oppure (ancora!) devo seguire un uomo che perde consensi a causa dei suoi discorsi pienamente confusi attirando solo della gente accecata completamente dalla rabbia (cioè Matteo Salvini)?

La cosa che mi fa andare fuori di testa è che, se tu parli con uno di parte o un simpatizzante dei sopracitati e la pensi diversamente da esso, questo si altera, diventando arrogante e prepotente, perchè la devi pensare come lui.
Eh no, questo atteggiamento non mi sta affatto bene... se siamo in democrazia, bisogna accettare tutti i pensieri e non insistere a dover cambiare idea per forza!

Permettetemi di fare delle ipotesi sull'esito del referendum, precisamente sulle reazioni della gente, quando verrà annunciato: quelli che voteranno SI subiranno una caterva di insulti e polemiche da parte di quelli del NO, iquali hanno pure contestato la data del referendum (...), mentre quelli che voteranno NO subiranno delle continue prediche arroganti e prepotenti da parte di quelli del SI, i quali dovrebbero smetterla di contestare chi la pensa diversamente da loro.

E chi si astiene? Subirà qualche predica o qualche insulto? No,perchè astenersi significa nè SI nè NO... tutto qui. Significa dar lo scettro a chi comprende meglio la politica.

Se non vi scoccia, mi vorrei soffermare un momento sulla questione degli insulti: nel 2015 (credo), commentai sulla pagina FB de "Il Fatto Quotidiano" su un articolo di Beppe Grillo, criticandolo senza arroganza, dicendo che lui non è Dio. Cinque utenti ultra-grillini cominciarono a darmi del demente, perchè non capivo appieno le sue dichiarazioni (secondo loro) ed uno di loro mi diede addirittura del renziano, nonostante io avessi ben specificato di non essere più d'accordo con alcun partito.

Questa classe di invasati mi fa paura, perchè è facilmente manipolabile da parte di chi sta dando delle probabili illusioni. Mi sento rassegnato a causa dell'arroganza di chi dà ESTREMA fiducia ai capi principali di ogni partito.

I renziani ti daranno del grillino se sei contro Renzi... viceversa nel caso tu fossi contro Beppe Grillo... ed io dovrei dar fiducia a questa gente che sta sulla stessa barca, dopo gli ultimi scandali avvenuti negli ultimi giorni?

Meglio che io torni a parlare di cinema, perchè mi sono veramente rotto le scatole di stare a commentare la politica. Lascio decidere a chi se ne intende più di me su questo tipo di argomenti.

Preferisco seguire la conferenza di un tema cinematografico, qualcosa che riguarda la finzione e la colorata rappresentazione filmica, piuttosto che seguire un corteo di gente che rappresenta oggi una triste e cupa realtà.

Meglio vedere le Guerre Stellari che le Guerre Politiche!

A.D.


P.S. ---> Per maggiori info sul referendum,vi lascio i link qua sotto (il primo link è il testo ufficiale della riforma costituzionale, mentre gli altri riguardano i possibili esiti):

http://www.altalex.com/documents/news/2016/04/13/riforma-costituzionale-il-testo

https://www.forexinfo.it/Referendum-costituzionale-2016-cosa-votare-si-o-no-come-funziona

https://www.forexinfo.it/referendum-costituzionale-data-giorno-quando-votare

https://www.forexinfo.it/Riforma-costituzionale-novita-cosa-cambia

https://www.forexinfo.it/Referendum-costituzionale-2016-vince-il-NO

martedì 27 settembre 2016

Quella bufala del premier eletto dal popolo

Nel dibattito politico delle opposizioni degli ultimi anni è emerso un argomento a sfavore dell'attuale Primo Ministro Matteo Renzi, tale per cui egli non sarebbe stato eletto dal popolo italiano a suffragio diretto.
Non mi dilungo troppo e sfato subito il mito: questa è una bufala.
Come recita infatti l'articolo 92 della nostra Costituzione:
Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.
Saranno sicuramente sorpresi i più dopo quell'abracadabra di "non è stato eletto da nessuno". Come potete da voi leggere, difatti, il Presidente del Consiglio dei Ministri non viene eletto dal popolo, ma viene nominato dal Presidente della Repubblica direttamente.
Certo, questo non toglie che si possano anche formare delle prassi. Il Capo dello Stato si basa sul risultato delle elezioni che rappresentano espressione popolare, anche in virtù di quanto dice il successivo articolo 94 della Costituzione al suo primo comma: "Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere". Le Camere costituiscono diretta manifestazione della volontà cittadina, e solo un Presidente del Consiglio che non sia loro inviso può ottenere la fiducia.

Una investitura indiretta insomma. Come avviene anche per il Presidente della Repubblica, e come avviene per le nomine dei membri di tanti altri organi di rilievo costituzionale dello Stato. Nessuno si è mai lamentato ad esempio, sul fatto che un terzo dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura non sia eletto direttamente dal popolo, ma dal Parlamento. Anzi, una regola contraria ci farebbe tornare indietro di 300 anni nella nostra evoluzione istituzionale.

Da questo segue una ulteriore considerazione che, emerge come consuetudine, il fatto che partiti e coalizioni, durante le elezioni, indichino nel proprio simbolo anche il nome della persona che propongono come premier.
Il più delle volte il leader del partito di maggioranza è stato, sulla via della seconda Repubblica, quasi sempre eletto a capo del Governo. Ma ahimé, questa prassi, non può assurgere a rango addirittura costituzionale, ad un livello tale da battere le norme su cui si fonda il nostro Stato (come sosteneva Berlusconi ad esempio quando si parlò di Lodo Alfano). E non per nulla il Presidente della Repubblica può disattenderle, nominado un capo di esecutivo ben diverso. Quindi in breve nessun premier, dalla nascita della Repubblica a oggi, è mai stato eletto.
Nonostante i testi alla mano (che anzi vi invito a controllare personalmente, giusto perché talvolta il "se non vedo non credo" è un rafforzativo dei propri convincimenti), molti tuttavia non sono per nulla persuasi.

Cerimonia della campanella

Calzano a pennello in questa situazione quelle parole di Joseph Göbbels, il Ministro della propaganda del Reich, che sono oggi diventate iconiche: "ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità". Proprio vero.
La malafede di certi esponenti e leader di partito hanno prima sollevato, poi alimentato, ed infine ingigantito la bufala giorno dopo giorno, comizio dopo comizio, tanto che adesso sta sulla bocca di tutti. Ogni cittadino ha fatto propria la locuzione "presidente non eletto dal popolo", e la ripete meccanicamente, pur non conoscendo le verità che sopiscono dietro.
Berlusconi disse ad esempio nello speciale di Porta a Porta del 17 febbraio 2016 "Siamo un popolo di pecoroni. Abbiamo un Presidente non eletto che sta in piedi grazie a 50 parlamentari che hanno tradito il mandato elettorale. Il Capo dello Stato ne dovrebbe prendere atto, sciogliere le Camere e indire le elezioni". Adesso, fuori dalla polemica che effettivamente sottintendono le sue parole, Berlusconi ha per vent'anni continuato a ripetere come egli sia stato eletto dal popolo. Il che è una bufala bella e buona, alimentando attorno a sé la convinzione che egli fosse stato strenuamente voluto e legittimato in tutto nel suo operato. Una sorta di carta bianca.
Salvini rimbalza il 2 luglio con "spero che Mattarella non abbia già in mente il quarto presidente del Consiglio non eletto da nessuno". Strano, perché è così che è avvenuto negli ultimi 70 anni. E tirare in ballo nientemeno che il Capo di Stato, ci fa comprendere quanto egli non si renda conto dell'azzardo che ha espresso.
E infine non mancano i grillini. Di "Renzi non eletto dal popolo", ne hanno fatto una sorta di tormentone, e come un mantra lo ripetono durante i comizi (specie in questo periodo con il Costituzione Coast to Coast) ricevendo applausi festanti dalla folla.

Appare infine strano come tutti questi personaggi politici, che la Carta dovrebbero conoscerla come le proprie tasche, dato che siedono agli scranni del nostro Paese, facciano strafalcioni di questo tipo. Sempre che si tratti di strafalcioni, e non di una manipolazione del popolo che si muove di pancia.

-Superman

sabato 24 settembre 2016

La cultura paga

Si è concluso dopo tre anni il caso delle baby squillo dei Parioli, in cui erano coinvolte ragazzine tra i tredici e i quindici anni che si prostituivano volontariamente in un appartamento di questo famoso quartiere di Roma in cambio di guadagni facili, da poter spendere in abiti firmati e smartphone di ultima generazione.

L’ultimo atto di questa serie di processi, che ha visto la condanna dell’adescatore, di vari ex clienti e persino della madre di una delle ragazzine, in quanto sapeva ed esortava la figlia a continuare, si è chiuso ieri in modo singolare. Un ex cliente di trentacinque anni dovrà scontare due anni di reclusione e l’interdizione perpetua da scuole e luoghi frequentati da minorenni, dovrà pagare 1000 euro di danni patrimoniali e, soprattutto, dovrà donare alla ormai quindicenne che si prostituiva una selezione di opere su “la storia e il pensiero delle donne, la letteratura femminile e gli studi di genere”.

Questa notizia ha fatto molto scalpore ed è subito salita agli onori della cronaca: l’opinione pubblica è rimasta sorpresa da una simile decisione, che pone l’accento sulla formazione e la cultura invece che solo sulla sanzione pecuniaria.



Questo risarcimento morale, composto di trenta libri e due film, è un modo per far riflettere la ragazzina e invitarla a leggere e a vedere queste opere, baluardi della letteratura e del cinema delle donne sulle donne e per le donne. È dunque la migliore risposta a una superficialità sempre più diffusa, a un attaccamento a degli oggetti di facile obsolescenza e ai soldi. Soldi che erano stati proposti come risarcimento dall’accusa, ma che il giudice Paola Di Nicola non ha concesso.


È stata la scelta giusta: se la ragazzina avesse ricevuto quel denaro, probabilmente non avrebbe imparato altro che i processi sono un altro modo di guadagnare facilmente. Con questa sentenza invece ha la possibilità di capire la storia delle donne, il loro pensiero e di crearsi un’identità più solida.

Neifile

venerdì 23 settembre 2016

A proposito di videogiochi - La droga videoludica

Come penso saprete tutti, esiste un pregiudizio molto frequente riguardante i videogiochi, e cioè:

I videogiochi creano dipendenza.

Una affermazione che tra l'altro va di pari passo con un'altra affermazione molto cara agli osteggiatori di questo medium che è:

I videogiochi sono un modo per isolarsi dalla realtà.

Attenzione, cari lettori, perché a chi ama i videogiochi forse non piacerà sentirsi dire che entrambe queste affermazioni, rullo di tamburi, sono vere.


E allora? Dobbiamo forse noi videogiocatori arrenderci di fronte ai pregiudizi di chi ci disprezza per colpa del nostro strumento di intrattenimento preferito? Assolutamente no.

Infatti, dopo essermi sentito bistrattare tante volte per via del mio interesse per il mondo videoludico, sono giunto a delle conclusioni che voglio condividere.

I videogiochi creano dipendenza. È vero. L'immersività a cui un gioco sottopone i suoi utenti porta a focalizzare e, oserei dire, assolutizzare l'attenzione di una persona. Inoltre, soprattutto se questa persona è molto giovane, questa può lasciarsi condizionare dal gioco fino a diventarne in qualche modo dipendente.

In questo post voglio fare alcune considerazioni riguardanti il fenomeno della dipendenza videoludica, che possiamo anche chiamare videodipendenza. E parto facendo notare una cosa:

Alzi la mano chi di noi non ha bisogno di essere soggetto a una qualsivoglia dipendenza. Ditemi chi di voi, anche solo banalmente, non ha un vizio, non ha qualcosa, qualsiasi cosa, di cui ha un estremo bisogno, al punto che se quella cosa non esistesse non avrebbe più nessuna ragione di vita, o comunque, dovrebbe trovarne un'altra.

Io non credo che ci possa essere qualcuno che, onestamente, potrebbe davvero alzare la mano. Penso che, per la nostra natura di esseri viventi, sia animalescamente che spiritualmente, la necessità di qualcosa che provochi in noi una dipendenza sia imprescindibile.

Va detto che questa mia teoria non si applica solo alla sfera del bisogno di consolazione, di sollazzo, di un qualcosa che plachi il nostro animo di fronte alle difficoltà della vita, ma anche alla ben più profonda sfera della determinazione dell'identità di una persona dal punto di vista esistenziale, sentimentale e, perché no, professionale.

Voglio cioè dire che, venendo al mondo, tutti noi abbiamo una reale ed onnivora necessità di riempire un vuoto causato dalla mancanza di conoscenza di un senso delle nostre vite, di una relazione sentimentale che ci faccia sentire completi, di un lavoro che ci identifichi.

Ci tengo a far notare che queste cose importantissime in qualche modo generano in noi un meccanismo di dipendenza nei loro confronti. La differenza tra queste dipendenze e i cosiddetti "vizi" è che questi ultimi, che nella fattispecie possono essere attività come fumare, bere, giocare d'azzardo o anche videogiocare, non sono indispensabili.

Ad ogni modo, sulla base di questa ipotesi ho potuto sviluppare alcune riflessioni riguardanti il problema della cosiddetta videodipendenza.

Non è mia intenzione legittimarla, anche perché, come ho già spiegato, esistono nel mondo cose molto più importanti a cui una persona dovrebbe riporre le proprie energie e i propri sentimenti, ma è altrettanto vero che di dipendenze a questo mondo ne esistono tante, troppe, come appunto il gioco d'azzardo, l'alcol, il fumo, per non parlare della droga, i cui effetti li conosciamo tutti.

Il fatto interessante è che, secondo me, di dipendenze, una persona, non può svilupparne chissà quante. Si può essere affetti anche solo da UNA dipendenza, da UN vizio, e quello ci può bastare a colmare il bisogno che tutti noi abbiamo di... Più che dipendere, di appartenere a qualcosa che secondo noi ci realizza, o che comunque, almeno nel momento in cui ci dedichiamo a quella cosa, ci fa sentire bene.

Il videogioco, come vizio, ha come punto a suo vantaggio che, diversamente da altri vizi come quelli elencati prima, fisicamente e psicologicamente non ha effetti distruttivi, non come può invece distruggerti l'alcol, il fumo, eccetera. Ragione per la quale, tutto questo accanimento contro i videogiochi come fonte di distruzione delle nuove generazioni è quantomeno eccessivo.

E soprattutto, una cosa che ho sempre sperimentato, è che anche qualora un videogioco dovesse diventare una droga, portandoci ad impegnare decine di ore su un dato gioco, capita però che anche questo assoggettamento ha dei limiti temporali, dettati dalla longevità del gioco che ha causato dipendenza nel giocatore. Oppure, nel caso di giochi pensati per non avere mai fine come i giochi su Facebook, semplicemente, pian piano il desiderio di giocare, prima o poi, tende a scemare fino a scomparire del tutto. Possono volerci dei mesi a volte, ma prima o poi il ciclo vitale del gusto che provoca un'esperienza videoludica è sempre destinato ad esaurirsi.

Quale altro vizio, quale altra dipendenza è in grado di subire un simile processo di "guarigione" senza che intervenga un massiccio, drammatico sforzo della nostra forza di volontà?

E poi, diciamolo, è vero anche che il gamer, per sua natura, per poter proseguire il suo percorso nel mondo dei videogiochi, deve spendere non pochi soldi. Ma è altrettanto vero che anche gli altri vizi citati prima ne richiedono. E, soprattutto, un videogioco che ci prende, che è longevo, che ci soddisfa per un lungo periodo di tempo, di fatto può interrompere le uscite pecuniarie che servono per esercitare il nostro "vizio videoludico", anche perché per soddisfare il nostro desiderio di giocare non serve sempre un altro gioco ma piuttosto semplicemente un'altra partita allo stesso titolo presente sul nostro computer. Questo vantaggio gli altri vizi non ce l'hanno, si è sempre schiavi di un bisogno a breve termine di procurarci una nuova dose del principio attivo che serve a soddisfarci.

Non sto dicendo con tutto questo che i videogiocatori non fumano o non bevono, ma credo che tenere la mente occupata con un videogioco piuttosto che con qualsiasi altro vizio, secondo me, non può essere che positivo e anche maggiormente costruttivo per una persona.

Vorrei fare un ultimo esempio intorno a questa teoria: ricordo di aver sentito raccontare di una persona che si era rovinata giocando a poker online. A tal proposito, parlando al telefono con chi mi ha riferito tale sciagura e accendendo, mentre parlavo, una console per videogiocare appena chiusa la chiamata, dissi al mio interlocutore:"Il bello di questa forma di intrattenimento è che si paga una volta sola".

Anche oggi vi lascio con un video, stavolta del canale di "Parliamo di videogiochi", dove, con un prorompente e a mio avviso commovente vlog, il buon Fraws mi ha fornito lo spunto di partenza per questo articolo e per questa rubrica in generale.

E infine vi cedo la parola chiedendovi: conoscete, in prima persona, o da persone a voi vicine, questo tipo di dipendenza? Non esitate a raccontarci anche degli eventuali eccessi, che certamente esistono. Se serve uno spunto di riflessione valido, esso riguarda proprio il controllo di questi eccessi.

Ma anche senza sfociare in queste casistiche estreme, vorrei chiedervi: se in qualche modo siete stati affetti da videodipendenza, che idea avete del vostro passato come videogiocatori sfrenati? 

Discutiamone nei commenti.

see ya
rising dark sun


giovedì 22 settembre 2016

#JeSuisGentilPorco

Diletta Leotta

Molti giornali stanno paragonando Diletta Leotta,la giornalista più sexy di Sky,a Tiziana Cantone, la 31enne suicidatasi a Napoli, dopo aver creato un "fenomeno" di basso borgo sul web, e ritengo questo paragone una cosa veramente stupida quanto il commento arrogante di David Parenzo a La Zanzara di Radio24, ritenendo porci e depravati chi guardava o ricercava le sue foto di nudo rese pubbliche da un probabile hackeraggio del telefono della bella giornalista.

Lo scandalo di Diletta Leotta riguardava un suo video sexy messo a sua insaputa nei siti pornografici, almeno stando a quanto viene detto sempre da Giuseppe Cruciani de "La Zanzara" durante l'intervento di Giampiero Mughini, il quale era un po' imbarazzato nel commentare il caso.



(Puntata de "La Zanzara" del 20/09/2016)

Ciò che è da condannare è chi avrebbe hackerato il telefono della bella giornalista maggiorata, dato che si può parlare della violazione della privacy e non chi ricerca le foto pubblicate, nel caso si trattasse davvero di un hacker "birbone".

La visione di una foto di una giornalista bionda nuda come Diletta non è affatto la stessa cosa di Tiziana Cantone, 31enne suicidatasi per i link del suo video ancora in circolazione.

Vorrei ricordare a chi sta leggendo quest'articolo che Diletta Leotta ha subito la stessa cosa accaduta alle star e/o modelle di Hollywood come Jennifer Lawrence e Kate Upton (ed altre), cioè un premio Oscar ed una modella con una sesta di seno naturale, l'anno scorso.

C'è una differenza di base ed ora la vorrei analizzare: è evidente che Diletta sia riuscita a dare i link esatti degli articoli, delle foto e dei video che voleva eliminare, alla polizia postale, mentre Tiziana ha fatto la denuncia chiedendo l'eliminazione del suo materiale da "tormentone", tramite solo la ricerca del suo nome su qualsiasi motore di ricerca.

Tiziana Cantone

Secondo me, Tiziana ha sbagliato a chiedere alla polizia postale di eliminare il materiale di Tiziana Cantone, perchè la polizia postale aveva il rischio di eliminare dei materiali da Internet da parte di omonimi. Alla polizia postale servivano i link con HTTP per eliminare i video, altrimenti, oltre ai materiali di Tiziana Cantone di Napoli, potevano essere eliminati anche i materiali di Tiziana Cantone di Potenza, Piacenza, Bergamo, Palermo, Campobasso, ecc.

Poi dobbiamo includere i 25.000 € di spese legali: cose che sono molto pesanti da digerire ed anche un'ipotetica vendetta da parte del fidanzato divenuto ex dopo il video-tormentone: "Stai facendo il video? Bravo!" e di altri "amici".

A parte il fatto che chiamare "tormentone" una cosa così deficiente mi pare un'offesa verso i veri tormentoni di spettacolo come il "CIAUUUUU!" di Michele Posa e Luca Franchini, commentatori di wrestling, ma non vi pare strano che il materiale di nudo di Diletta Leotta sia stato eliminato in sole 6 ore, mentre quello di Tiziana Cantone potrebbe essere ancora in circolazione?

Io, che ho visto la famosa foto della giornalista nuda in questione, dovrei essere giudicato un maschio più pervertito di un maiale in calore perenne? NO! Vorrei difendere chi guarda foto di nudo con uno spezzone tratto dal nono episodio della prima stagione dei Griffin: un dialogo tra il padre Peter ed il figlio Chris.




(Peter e Chris - I Griffin 1x09)

Dopo aver visto questa scenetta, penso che la visione privata di una foto di nudo per un maschio (o anche per una donna) non sia qualcosa di indecente. Penso sia più indecente condividere il video di Tiziana Cantone, roba stupida che non sa di niente. Almeno la foto di Diletta col suo seno naturale ha un bel po' di sostanza, qualcosa che è pari alla foto di nudo parziale di una modella scattata per qualche rivista, come Violet e Natasha Legeyda per SuicideGirls. E se questa foto venisse pubblicata da Playboy, GQ, Men's Health ed altre riviste famose destinati ai maschi e non? Tutto questo scandalo non ci sarebbe stato!

Pensate se questa cosa fosse accaduta ad una vecchia di 70 anni nuda... oppure ad un'adolescente che mostra il suo corpo nudo pari ad una 20enne. Disgusto totale nel primo caso e totale imbarazzo nel secondo!

Trovo patetico il confronto che i giornali fanno su Diletta Leotta e Tiziana Cantone: una bionda famosa tramite la tv ed una mora sconosciuta. Una cosa è certa: i giornali dovrebbero chetarsi in questi casi od usare BENE il loro cervello, prima di pubblicare qualche stronzata come hanno fatto con la donna suicida di Napoli o qualche presa in giro di troppo verso una giornalista tanto sexy.

E se Diletta Leotta avesse fatto una fellatio al suo fidanzato? Provate a commentarla in modo offensivo come "Sei una maiala, puttana, troia e pompinara pappona di merda!" e vi ritroverete SUBITO la polizia di ogni genere in casa vostra.

Quando hai lei in fotografia, puoi fantasticare quanto cavolo ti pare, ma quando hai davanti a te lei stessa, non fai il porco, ma il gentiluomo. E se proprio le confessi di averla vista nuda in foto con tanto di topless, le dirai di essere un GentilPorco.

A sto punto... Ciao, Diletta.
#JeSuisGentilPorco.


A.D.


P.S: "I Griffin" sono proprietà della FOX. "La Zanzara" è proprietà di Radio 24. Tutti i diritti sono riservati ai rispettivi proprietari e i video, qui, sono stati inseriti a scopo di rappresentazione illustrativa senza scopo di lucro.

mercoledì 21 settembre 2016

Bojack Horseman, o il cavallo più depresso di Netflix

Mi ricordo un breve dialogo William Holden e Gloria Swanson, nel noir degli anni 50 Viale del tramonto, in cui lei interpreta una ex diva del muto oramai sulla via del dimenticatoio. Recitavano:
«Siete Norma Desmond, sì! La famosa attrice del muto. Eravate grande!» E lei rispondeva «Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo!» Quante verità, tutt'ora vive, specie in quella giungla di arrampicatori che è Hollywood: tra musica, film e serie TV, sono tantissimi le star del red carpet che piombano nell'oblio, appena dopo la conclusione della loro parentesi di gloria, e riemergere non è affatto semplice. Ci provano, magari tra scandali (magari tra qualche reato), magari tra volgare gossip, magari con dichiarazioni shock, a riconquistare giusto per pochi minuti la scena perduta. Questo scenario, è ciò che passa attraverso il protagonista Bojack Horseman, nell'omonima serie animata di Netflix. Ho appena concluso di guardare la prima stagione e vi lascio qui le mie impressioni.

L'ambientazione è Hollywood, in una sorta di universo parallelo in cui esseri umani convivono con degli ibridi uomo-animale. Lo stesso protagonista, Bojack, altro non è che un uomo-cavallo, ex protagonista di un situation commedy di successo, Horsin' Around, che sembra riprendere il classico canovaccio dello scapolo che convive con dei ragazzi. Adesso 50enne, vuole tornare a rivivere gli stessi riflettori di quando era "solo un puledro", e per farlo, con l'aiuto di una ghostwriter, si dedica alla stesura di una sua biografia ufficiale.

Ma, ahimé, c'è un grosso nemico con cui deve lottare, o meglio più di uno... Perché quelle tematiche che affliggono le star sul viale del tramonto emergono tutte, e vengono fatte rivivere, come una sorta di velo trasparente, nella persona di Bojack. Perché come una sorta di velo trasparente? Perché è tutto molto sottile, molto curato sull'aspetto psicologico più che sull'aspetto visivo, e come tale niente viene detto esplicitamente. Depressione, melanconia, solitudine, malattia, angoscia, narcisismo, egocentrismo, dipendenza sono difatti i temi portanti dell'intera serie (oltre una ben dosata razione di black humor e politicamente scorretto), ma quasi mai vengono conclamati. L'aria mesta del protagonista, perennemente insoddisfatto, ci accompagna scena dopo scena. La sua inadeguatezza nel mondo lo rende una sorta di glorioso fallito, e come tale non manca di apparire anche quando il suo nome sembra essere tornato in auge nello show business. È e resta malinconicamente malcontento, continuamente fisso sul divano a guardare i DVD della serie che lo portarono al successo.
Non manca di denigrare gli altri, specie il suo coinquilino Todd, ma alla fine ne risulta quasi terrorizzato dall'idea di perdere quella sua compagnia, come nell'episodio dell'Opera Rock.


E infine, è instabile. Più volte lo vediamo dedito all'alcool e alle droghe (elevato a costume di certi super VIP), ma cerca di non darlo a vedere, mentendo se può. La menzogna, dopotutto, è un espediente di cui si avvale spesso: persino davanti alla sua biografa non manca di mentire sulla sua vita, anziché essere sincero come dovrebbe, ed abituarsi ad ammettere la verità è un percorso lento che si snoda nella durata dell'intera stagione. Una verità che talvolta non vede a causa del suo egocentrismo, ma che talvolta occulta perché scomoda, e rischierebbe di farlo apparire per quello che è: un insuccesso vivente, che si nutre della malsana convinzione di agire per il meglio. Non lo fa quasi mai dopotutto.

La serie vuole tuttavia lasciarci un sapore amaro. E anche nel caso in cui prenda coraggio delle proprie azioni, e si palesi, i risvolti sono mai positivi, anzi. Se posso esprimere come mi sono sentito nell'intera visione della stagione, posso affermare con tranquillità che Bojack Horseman consente allo spettatore di ridere, nello stesso momento in cui si sente a disagio.
E alla fine anche la stessa coloratissima, ma strana ambientazione con uomini e esseri antropomorfi ci disorienta, creando un mondo grottesco e paradossale. Un mondo che ci stranisce, ma che non riesce a sembrarci lontano nei suoi stereotipi, incrementando il sentimento di scomodità dello spettatore.
Consiglio Bojack Horseman? Assolutamente sì. È una serie drammatica e adulta, una parodia nera di Hollywood. Tratta temi e cose che siamo abituati a sentire, come se fossero una scoperta che facciamo in quel momento. È una vera e propria novità che colpisce nel segno e fa davvero male.

-Superman

lunedì 19 settembre 2016

A proposito di videogiochi

Riflessioni su credenze e chimere
intorno a un medium... infantile?

***

Quanti di noi sanno cos'è Pokémon GO?


Beh, nella remota possibilità che non ne abbiate sentito parlare, trattasi del gioco per smartphone che ha maggiormente fatto parlare di sé in Italia e nel mondo, nel bene e nel male, non solo per via del suo enorme successo e del suo innovativo sistema di gioco, ma anche, purtroppo, a causa di vari fatti di cronaca riguardanti diversi incidenti stradali causati dall'utilizzo di Pokémon GO che hanno coinvolto talvolta utenti distratti del gioco che non guardavano dove andavano e talaltra autisti sciagurati che giocavano alla guida.

Tutto questo polverone ha riacceso il dibattito sui videogiochi a livello popolare, portando questo tema anche sulla lingua di chi non ne sa niente ma si sente di voler comunque esprimere un giudizio. Per meglio dire, un pregiudizio.

E questo pregiudizio è molto frustrante, soprattutto per il fatto che chi lo esprime soffre talvolta di una totale sordità alla voce di chi invece vuole dare un giudizio avendo un minimo di nozione sull'argomento.

Ho deciso quindi di condividere con voi alcune riflessioni che secondo me possono aiutare ad affrontare questo dibattito così controverso, proponendo delle argomentazioni su cui, personalmente, come giocatore, rifletto da tempo, e che credo possano essere interessanti sia per i videogiocatori sia per chi spesso si mostra ostile nei confronti del mondo videoludico.


Il primo punto che voglio affrontare in questo articolo riguarda un'idea molto diffusa, e cioè che i videogiochi siano un medium infantile. Da sempre si pensa che questo medium sia rivolto principalmente, se non esclusivamente, a un pubblico di bambini, ergo, se superati i 20 anni ancora usi il tuo tempo sui videogiochi sei un bamboccio, un nerd, e così via.

Questa idea in realtà è istituzionalmente sbagliata, perché, se ci facciamo caso, ciascun videogioco reca sulla confezione una classificazione che riporta l'età a partire dalla quale il titolo in questione può essere fruito, la famosa classificazione PEGI. Insomma, se sei più giovane rispetto all'età indicata sulla confezione del gioco, quest'ultimo non fa per te.


È anche vero però, e qui mettiamo le mani avanti, che, come avrete notato dall'immagine qui sopra, in Europa la classificazione PEGI può anche etichettare un gioco perché possa essere utilizzato dai 3 anni in su, e molti potrebbero sostenere che 3 anni siano pochi perché un bambino possa tenere in mano un qualsivoglia controller di gioco. E io vi do' pure ragione! La manualità e l'atteggiamento con cui una persona si dovrebbe avvicinare a un videogioco di qualsiasi tipo fanno parte di una vera e propria educazione fisica, di un vero e proprio bagaglio culturale sensoriale e attitudinale, che in effetti un bambino in sé per sé potrebbe non avere. Voglio dire, quante possibilità ci sono che un bambino possa tenere in mano un controller di gioco, o addirittura uno smartphone, senza danneggiarlo o, peggio ancora, farsi male? Questo fattore potrebbe far riflettere sul fatto che forse, purtroppo, chi assegna la classificazione PEGI cerca in qualche modo di ritagliare al titolo in esame un pubblico più ampio possibile.

Prima di proporre una soluzione a questa problematica, poniamoci una domanda: se dunque videogiocare è una attività non particolarmente adatta per i più piccoli, perché i videogiochi sono considerati un medium infantile?

È verissimo che tanti di noi sono cresciuti con i videogiochi e che, soprattutto inizialmente, questi venivano pensati, sia da chi li creava che da chi li acquistava, per un pubblico giovane. Inoltre, spesso, spessissimo, i videogiochi fanno e hanno fatto perlopiù parte delle infanzie e le adolescenze di ciascuno di noi, che giochiamo o giocavamo insieme a coetanei o comunque a fratelli maggiori o minori, e raramente, diciamolo, i genitori si avvicinano a questo mondo spesso per loro sconosciuto e ostico. E questo è un problema importante dal punto di vista educativo e umano, se ci pensate. Proprio perché il videogioco è un medium tutt'altro che banale, sarebbe bene che i genitori dessero il loro contributo attivo al corretto utilizzo di questa forma di intrattenimento, insegnando loro come usare e come non usare una periferica di gioco, accordando un tempo limite in cui giocare, invitandoli a gestire la loro emotività durante ogni sessione di gioco, aiutandoli a non confondere il gioco con la realtà e a mantenere vivo il contatto con quest'ultima. Nonché, perché no, giocando con i loro figli!

Quello che mi preme sottolineare è che tutte queste regole basilari del videogiocare non sono innate e fanno parte di un percorso se vogliamo formativo, comunque educativo, e, proprio perché tali regole non sono immediate, devono essere mediate, insegnate. Lungi da me dire che il videogioco sia un medium indispensabile, ma così come è importante insegnare a una giovane persona a leggere e a scrivere, allo stesso modo sarebbe bene che questa persona sia accompagnata al corretto utilizzo di questo medium.

Vi propongo infine un video del canale di "Quei due sul server" in merito ai pregiudizi più diffusi su questo argomento e vi passo la palla nei commenti chiedendovi: è davvero legittimo bollare un medium come infantile a prescindere dai suoi contenuti? La funzione di questo medium, notoriamente indirizzata all'intrattenimento, è davvero una ragione sufficiente a giustificare questa etichetta?

Discutiamone nei commenti.

see ya
rising dark sun





giovedì 15 settembre 2016

Diritto alla vita nonostante il web

Tutti noi, ormai, abbiamo a che fare con la Rete. Condividiamo su Internet immagini, scritti, video. E a volte qualcosa di cui, prima o poi, potremmo vergognarci. Un po’ perché cambiamo noi e non ci riconosciamo più in quanto abbiamo condiviso. E un po’ per il giudizio degli atri, sempre pronti a ricordarci qual è il nostro posto nel gregge.

Se da un lato tutti noi vorremmo sentirci speciali, o addirittura famosi o importanti, dall’altro lato non siamo disposti a pagare il prezzo di questa fama, soprattutto se cattiva, in quanto si tramuta subito in pessima reputazione. Se poi quel genere di fama è stata raggiunta grazie ai commenti e alle condivisioni degli altri, è la fine.

Uno dei casi più eclatanti su questo tema è senza dubbio quello di Tiziana Cantone, terminato tristemente con il suo suicidio. Ecco la sua storia.

Due anni fa Tiziana praticò una fellatio al suo amante, e rimase sorpresa per un attimo quando si accorse che la stava filmando. “Stai facendo il video? Bravo!” fu la frase, divenuta poi tormentone, che accompagnò quel gesto di ripicca nei confronti del suo ragazzo di allora. Non si aspettava, certo, che quel video, girato senza il suo consenso ma che la trovò divertita lì per lì, quel video che era stato inviato soltanto a pochi amici, sarebbe diventato virale. Qualcuno che lo ricevette lo mise in Rete, e da quel momento la gogna mediatica si abbatté sulla povera Tiziana, che ingaggiò una battaglia legale per far rimuovere quel filmato da Internet. Filmato che è stato rimosso solo da alcuni social e da alcuni browser; inoltre Tiziana è stata condannata a pagare tutte le spese legali della causa. Nonostante il video fosse stato diffuso a sua insaputa, la maggior parte del popolo del web si sentì in dovere di criticarla, deriderla, darle l’appellativo di “troia”. Grazie a quel video Tiziana ha dovuto cambiare casa, lavoro e a breve avrebbe cambiato persino l’identità. Ma non ha retto la pressione di tutto questo, forse ha pensato che uccidersi avrebbe risolto tutti i suoi problemi e avrebbe fermato quella maledetta gogna. Ma non è stato così. Insulti, battutacce, rallegramenti per la sua morte e l’augurio che tutte quelle come lei facciano la stessa fine si possono ancora leggere dovunque sui social. Pochi hanno avuto rispetto e sono rimasti indignati da tanta cattiveria. Sono rimasta indignata anch’io e non riesco ad esprimere il ribrezzo che mi provoca tanta malvagità.

Tiziana Cantone


Nonostante la vicenda di Tiziana dovesse essere di esempio per quanto riguarda le conseguenze a cui la condivisione di video senza il consenso della persona filmata possono portare, è accaduto un altro fatto.

Due giorni fa una ragazzina di diciassette anni è stata violentata nei bagni di una discoteca riminese. Era così ubriaca da non riuscire a reagire al suo aggressore e le amiche, se così si possono definire, hanno filmato l’accaduto fra le risate e condiviso il video a tutta la scuola. Nessuno ha aiutato quella ragazzina, anzi è stata derisa dalle persone a lei più vicine.

Il confine tra vita reale e vita virtuale è sempre più sottile: se una cosa può saperla una persona, grazie a Internet può saperla i mondo intero. Se questo è un bene per le catastrofi e le guerre, è un male per le condivisioni che facciamo ogni giorno. Finché queste condivisioni riguardano solo noi, possiamo al massimo vergognarci di noi stessi per quanto condiviso e finisce lì. Ma quando queste condivisioni riguardano gli altri, dovremmo chiederci: stiamo rovinando la vita a questa persona? Vale davvero la pena criticare deridere o dare degli appellativi a qualcuno che magari non conosciamo di persona?


Si è parlato tanto di diritto all’oblio, in questi giorni. Io vorrei un diritto alla vita nonostante il web. Le cose condivise possono anche restare dove sono. La mentalità della gente, invece, non si può rimuovere, ma può essere modificata da un’educazione adeguata e da una consapevolezza che oggi, purtroppo, manca.

Neifile

mercoledì 14 settembre 2016

Non sottovalutiamo i veterani di Hollywood!


Oggi,nonostante stiano emergendo nuovi attori che stanno formando una nuova classe di idoli hollywoodiani come Jennifer Lawrence,Alicia Viklander,Eddie Redmayne,eccetera...gli spettatori rimangono affezionati ai nomi delle vecchie classi,nonostante abbiano una veneranda età.
Ancora oggi,il sottoscritto rimane affezionato ad Angela Lansbury,universalmente nota come "La Signora In Giallo": quest'ultima sta per compiere 91 anni e c'era la possibilità che potesse riapparire in televisione nell'ultima stagione de "Il Trono di Spade",prevista per il 2017. La notizia è stata poi smentita,ma le varie voci avevano catturato l'attenzione di molti ammiratori,inclusa la mia.

Angela Lansbury
Olivia De Havilland
Questa è la prova evidente che siamo ancora attaccati ai vecchi divi. Vogliamo fare un altro esempio? Olivia De Havilland. Costei è nota per essere l'unica che in "Via Col Vento" muore tra gli attori principali e che vive ancora nella realtà. Nel luglio scorso,ha compiuto la veneranda età di 100 anni e fra 3 mesi esatti,lo sarà anche Kirk Douglas,il padre di Michael.
Dustin Hoffman

Kirk Douglas
Altro esempio di veterano è Dustin Hoffman,il quale a quasi 80 anni reciterà nella serie TV targata Rai,"I Medici",insieme a Richard Madden (Robb Stark ne "Il Trono di Spade"): un incontro tra Vecchia e Nuova Hollywood,in questo caso.


Richard Madden
John Williams


Molte serie TV sono utili per riscoprire le vecchie glorie hollywoodiane e "La Signora In Giallo" è una di quelle: in ogni episodio,si contano varie guest-stars di alto valore nel periodo Anni 60-90.

Nel mondo della musica,il maggior veterano di Hollywood è sicuramente John Williams,creatore di varie colonne sonore memorabili che aveva varie amicizie di alto conto come Bernard Herrmann e Jerry Goldsmith e concorrenti come Ennio Morricone.
Jerry Goldsmith
Bernard Herrmann






Ennio Morricone


Tra l'altro,Ennio ha vinto l'Oscar per "The Hateful Eight" di Quentin Tarantino,mentre John,quattro mesi dopo,il Saturn Award per "Star Wars VII - Il Risveglio Della Forza" di J.J.Abrams.
Entrambi sono un altro esempio di veterani hollywoodiani,dal momento che stanno per arrivare verso i 90 anni! (Ennio ne avrà 88 a novembre,mentre John va verso gli 85!)




Christopher Lee
Ian McKellen
Come ultimo esempio,cito altri due attori che si sono sfidati a duello per Peter Jackson: il cattivo veterano Christopher Lee ed il buon Ian McKellen,rispettivamente Saruman e Gandalf nella trilogia del "Signore Degli Anelli". Entrambi sono stati diretti da vari registi d'autore ed hanno avuto una carriera teatrale,prima di quella cinematografica.

Inoltre,anche chi è morto viene,come dire,"resuscitato" dal pubblico che richiede una replica di un film dell'attore che ammirano. Basta citare Charlie Chaplin ed ecco che viene proiettato in forma restaurata "Tempi Moderni" in varie sale cinematografiche italiane nel 2014,per i 100 anni della nascita di Charlot.

Charlie Chaplin (1972)
Vedi "Via Col Vento" e resusciti la prima attrice afroamericana che ha vinto un Oscar,Hattie McDaniel...vedi "Il Padrino" e resusciti Marlon Brando...vedi "Frankenstein Junior" e resusciti Gene Wilder. E potrei continuare così per ore,componendo una sorta di litania dei santi (in questo caso,del cinema...).

Gene Wilder
Hattie McDaniel




Marlon Brando





Dopotutto,è giusto essere ammiratori di nomi illustri,che siano d'arte o commerciali. Quante volte avremo visto e rivisto i film dei veterani di Hollywood e li rivedremo ancora in futuro?

Una sola parola...

TANTE!

A.D.


P.S: Come per il precedente articolo (Suicide Squad-Margot Robbie),alcune informazioni sono state ricavate da www.nerdmovieproductions.it di A.B.

martedì 13 settembre 2016

Solo una questione di onestà?

Ecco che la bufera si abbatte sui Cinque stelle. Capita quel momento di quiete poco prima di uscire dall'occhio del ciclone, e loro nell'occhio, c'erano in pieno, da quando Virginia Raggi è diventata la prima sindaco donna di Roma. E mentre infuoca la polemica su Paola Muraro, scopertasi ora essere indagata per abuso d'ufficio e violazioni ambientali, Luigi di Maio, informato da Paola Taverna sulle indagini in corso, prova a difendersi dicendo: "Scusate, ho letto male quella mail". Lui, che la ex consulente AMA era iscritta, non ne sapeva nulla.

Virginia Raggi con Paola Muraro
Ora, hanno volutamente celato la notizia per tenere a bada la gogna politica, o c'è realmente un complotto contro di loro? Mi sembra davvero risuonino ancora quei titoli, durante le campagne delle amministrative romane, in cui proprio la Taverna, lamentava un presunto complotto che li avrebbe portati al Campidoglio, per screditarli nei loro fallimenti. Di certo adesso il Movimento perde enormi consensi, molti fedelissimi abbandonano e chiedono nuova trasparenza. Ma, ahimé... non è un problema di trasparenza. Trovo abbastanza interessante questo post pubblicato dalla pagina de "Il polemista misterioso", in cui si solleva una interessante discussione



Io sono d'accordo. Al disonesto, ma intelligente, si cerca in fondo di reagire con tutti i possibili strumenti che uno stato di diritto può offrire: ampia rete di controlli, un organo di temperamento da affiancargli, un organo consiliativo, e poi la burocrazia fa il suo. Specie quando è chiara, quando è non cavillosa, e ridondante, quando non lascia scappatoie e scorciatoie. Con lo stupido, ma onesto, si può ben fare poco. Indipendentemente dagli strumenti di valutazione (inutili dopotutto, data la sua tempra morale), egli reagirà in modo superficiale, in modo affrettato, senza valutare tutto l'arcobaleno di sfumature che concernono una decisione.
Sembra una locuzione abbastanza semplice, ma così non è: sono moltissimi i grillini, che in queste ore sui social annaspano contro i detrattori, all'urlo di "meglio onesti e incapaci che disonesti e abilissimi". Non so, solo io noto un che di grottesco?

Per carità, nessuno qui vuole esaltare la disonestà politica. E nessuno qui ha un vero interesse a screditare i Cinque Stelle, che, ammettiamolo, in un momento di caos politico, hanno solo cercato di portare la "voce del cittadino" in Parlamento. Quello che miro ad affermare è come solo i più avveduti (anche se purtroppo disonesti), devono avere il merito di portare avanti la politica di un paese (e il caso di scuola, dell'onestissimo ma impreparato presidente Hoover in America ci insegna: non solo non riuscì ad arginare, ma peggiorò le conseguenze della bolla di Wall Street).

Perché parliamoci chiaro: qualsiasi cosa si abbia a dire sulla nostra classe dirigente, svolgono il mestiere più importante e con più responsabilità dell'intero paese: l'attività di coordinamento. Fanno scelte giuste? Sbagliate? Questo non intacca il fatto che nel bene o nel male è comunque così. Per abbattere l'immoralità e eradicarla, basta poi solo usare gli strumenti che in fondo abbiamo già a disposizione. Senza troppi artifici, perché davvero, le leggi ci sono.
Non è necessario che agli scranni sieda un re Travicello.

-Superman

lunedì 12 settembre 2016

Il sessismo estetico non muore mai

Giorni fa ho letto un titolo che mi ha lasciato basita: “Se lasciarsi i capelli bianchi facesse bene alla carriera delle donne”, con foto di Daria Bignardi che, come sappiamo, ha chiuso con la tinta ed è diventata direttrice di Raitre. Non sappiamo se gli eventi in questione siano avvenuti in quest’ordine, perciò, per avvalorare la sua tesi, la giornalista Federica Seneghini ha intervistato un’altra donna di successo, Sarah Gordon, business editor del Financial Times, la quale ha scritto un articolo, peraltro cliccatissimo, in cui spiega la sua scelta di stile di lasciarsi i capelli al naturale. La Gordon ammette che non è stata una scelta facile, perché  quando si parla di capelli è come se gli Anni Sessanta non fossero mai esistiti” e la Seneghini conferma che “a differenza degli uomini, che se canuti sono considerati spesso più belli e più sexy (…) le donne che scelgono il naturale sono percepite come meno dinamiche sul lavoro. Oltreché più vecchie. Le poche che l’hanno fatto sono le uniche a essere (sempre) citate come modelli (…) Ma in gioco, ed è qualcosa su cui vale la pena riflettere, c’è soprattutto quella meravigliosa sensazione di sentirsi finalmente empowered, quel termine così difficile da tradurre in italiano che sta a metà tra l’assumere il controllo su noi stessi ed essere finalmente in grado di fare.”

Ora, quest’articolo mi ha fatto passare dall’essere basita all’essere perplessa. Perché è tutto vero, purtroppo. Ma bisogna notare che l’empowerment arriva quando smettiamo di obbedire a canoni estetici sempre più restrittivi e sempre più irrealistici di una società ancora sessista.

Questo sessismo è evidenziato da altri due articoli: quello, ormai storico, che ha definito “cicciottelle” le atlete italiane di tiro con l’arco arrivate quarte alle ultime Olimpiadi e la più recente intervista a Laura De, ormai celebre sui social per aver “osato” postare una foto in cui viene ritratta con le ascelle al naturale.



Sul primo caso non posso che accodarmi alle polemiche seguite alla pubblicazione di questo articolo, che è costato (giustamente, a mio parere) il posto al suo autore, il quale si era scusato in modo ridicolo e imbarazzante, affermando che avrebbe chiamato “cicciottelli” anche un trio di atleti uomini. Questo a dimostrare due cose: che la superficialità umana non ha limiti e che, purtroppo, la discriminazione per il peso non conosce sesso.

Il secondo caso è balzato agli onori della cronaca per i commenti feroci dei cosiddetti “leoni da tastiera”: “Mi fai vomitare”,  “Sei bruttissima”, “Meriti di marcire” e tanti altri. La stessa De ammette che “tutto questo disprezzo non ci sarebbe stato se il protagonista della foto fosse stato un uomo”.
Perché una donna non può scegliere come mostrarsi in pubblico senza essere giudicata? Perché deve rispettare dei canoni di perfezione da diva hollywoodiana (o da casalinga degli Anni Cinquanta, punti di vista)?

La vita non è un continuo concorso di bellezza, ma per le donne spesso è ancora così. Per alcune la paura di vedersi brutte, sciatte e vecchie si può trasformare in un’ossessione che può portarle anche alla morte: basti pensare ai disturbi alimentari o ai rigetti di protesi e sostanze tossiche da parte del corpo modificato. Senza sessismo avremmo un mondo migliore, dove tutti saremmo visti come delle persone con lo stesso diritto di apparire come possiamo e come vogliamo essere.
Neifile

giovedì 8 settembre 2016

Date un premio a Margot Robbie!

Prima dell'uscita di "Suicide Squad" di David Ayer in Italia,ci sono stati i Teen Choice Awards,una delle tante manifestazioni cinematografiche "Made in USA",nella quale i giudici sono gli adolescenti e sono rimasto sorpreso dal fatto che Margot Robbie (Harley Quinn nel film) sia stata battuta da Cara Delevingne (Incantatrice/June Moone nel film).

A livello di sceneggiatura,i dialoghi del personaggio interpretato da Cara sono un'altalena orribile di alti e bassi,specialmente il più ridicolo: la frase da pathos moscia e deludente, "...tu non hai le palle!". Sinceramente,come ultimo dialogo dell'Incantatrice,nemica dall'età millenaria,prima della sua morte mi aspettavo qualcosa di più potente e non una banalità del genere.

Invece,a livello di recitazione,direi che è un testa a testa tra le due donne ed il premio sarebbe andato comunque a Cara,dal momento che mi ha molto colpito la sua recitazione durante la scena in cui June Moone ha paura di perdere la sua identità a causa dell'enorme potere dell'Incantatrice,il demonio millenario che l'ha posseduta ad inizio film.

Però,rimango dell'idea che Margot Robbie si meriti un premio per la sua recitazione: sono certo che la critica cinematografica americana non deluderà i fan dell'attrice e lo dico in base al fatto che la versione di Harley Quinn interpretata da lei nel film (notare la versione colorata e pop che ricorda un po' Juliet Starling di Lollipop Chainsaw) viene elogiata e,forse,anche idolatrata nei social network,non proprio per il personaggio,ma per il carattere mostrato da lei in tutte le sue scene,dalla prima all'ultima.



Ciò che la compromette in parte è anche quella parte del pubblico che ha letto i fumetti originali e si aspettavano l'originale Harley Quinn vestita da giullare rossonera,con tanto di martellone gigante: i più fanatici hanno avuto addirittura la faccia tosta di fare una petizione a Rotten Tomatoes,famoso sito di critica cinematografica che misura la freschezza dei film (cioè,merita una nuova visione,oppure è una roba marcia quanto un pomodoro ammuffito,appunto,"Rotten"?),per sfogare la loro delusione dopo la visione del film.
Oggi,Rotten Tomatoes segna 3 su 10 per la critica e 7 su 10 per il pubblico,riguardo alla freschezza di "Suicide Squad": come con "Batman vs Superman - Dawn of Justice",il film è stato più apprezzato dal pubblico.

Morale: chiudere un sito di questo genere per un capriccio da parte di alcuni fanatici della DC Comics sarebbe stato ridicolo!

Le scene più discusse in modo negativo sono quelle troppo romantiche ed amorevoli di Joker (Jared Leto) ed Harley...scene che sono state paragonate addirittura a "Twilight". Non è un bel paragone e concordo col fatto che quelle scene d'amore siano troppo smielate anche per questi due cattivi psicopatici. Lo stesso Jared Leto è rimasto scontento per la realizzazione del film: come dargli torto?

Tornando a Margot Robbie: durante la scena del bar,lei mostra un lato serio della sua Harley Quinn,quando esprime il suo desiderio di diventare una normale donna di casa,per il suo Joker. La sua recitazione,in quel momento,ricorda la scena del litigio tra lei e Leonardo DiCaprio nel film che l'ha consacrata: "The Wolf Of Wall Street" di Martin Scorsese.
Molti fan,comunque,sono rimasti delusi anche dalla relazione tra Joker ed Harley: da quanto dicono i più esperti,Joker maltratta Harley peggio della merda ed in effetti,vederli a fare "pucci pucci" per tutto il film mi pare l'opposto di ciò che ci si può aspettare.

Come si risolve questo problema? Rimanendo ignoranti del mondo DC e vedere il film senza aver letto un fumetto su questi personaggi. Esteticamente,i personaggi di questo film mi piacciono. E,per quanto possa dire un'eresia davanti ai fan dei fumetti targati DC Comics,devo dire con sincerità che mi piacciono le versioni alternative di Harley Quinn e Joker. Forse anche troppo alternative...

Rimango dell'idea che Margot Robbie debba vincere un premio,quindi incrocio le dita che ne vinca almeno uno! 

Se accadrà davvero,mi aspetto che Margot dica a Cara: 

"Ora siamo pari!"

A.D.