lunedì 12 settembre 2016

Il sessismo estetico non muore mai

Giorni fa ho letto un titolo che mi ha lasciato basita: “Se lasciarsi i capelli bianchi facesse bene alla carriera delle donne”, con foto di Daria Bignardi che, come sappiamo, ha chiuso con la tinta ed è diventata direttrice di Raitre. Non sappiamo se gli eventi in questione siano avvenuti in quest’ordine, perciò, per avvalorare la sua tesi, la giornalista Federica Seneghini ha intervistato un’altra donna di successo, Sarah Gordon, business editor del Financial Times, la quale ha scritto un articolo, peraltro cliccatissimo, in cui spiega la sua scelta di stile di lasciarsi i capelli al naturale. La Gordon ammette che non è stata una scelta facile, perché  quando si parla di capelli è come se gli Anni Sessanta non fossero mai esistiti” e la Seneghini conferma che “a differenza degli uomini, che se canuti sono considerati spesso più belli e più sexy (…) le donne che scelgono il naturale sono percepite come meno dinamiche sul lavoro. Oltreché più vecchie. Le poche che l’hanno fatto sono le uniche a essere (sempre) citate come modelli (…) Ma in gioco, ed è qualcosa su cui vale la pena riflettere, c’è soprattutto quella meravigliosa sensazione di sentirsi finalmente empowered, quel termine così difficile da tradurre in italiano che sta a metà tra l’assumere il controllo su noi stessi ed essere finalmente in grado di fare.”

Ora, quest’articolo mi ha fatto passare dall’essere basita all’essere perplessa. Perché è tutto vero, purtroppo. Ma bisogna notare che l’empowerment arriva quando smettiamo di obbedire a canoni estetici sempre più restrittivi e sempre più irrealistici di una società ancora sessista.

Questo sessismo è evidenziato da altri due articoli: quello, ormai storico, che ha definito “cicciottelle” le atlete italiane di tiro con l’arco arrivate quarte alle ultime Olimpiadi e la più recente intervista a Laura De, ormai celebre sui social per aver “osato” postare una foto in cui viene ritratta con le ascelle al naturale.



Sul primo caso non posso che accodarmi alle polemiche seguite alla pubblicazione di questo articolo, che è costato (giustamente, a mio parere) il posto al suo autore, il quale si era scusato in modo ridicolo e imbarazzante, affermando che avrebbe chiamato “cicciottelli” anche un trio di atleti uomini. Questo a dimostrare due cose: che la superficialità umana non ha limiti e che, purtroppo, la discriminazione per il peso non conosce sesso.

Il secondo caso è balzato agli onori della cronaca per i commenti feroci dei cosiddetti “leoni da tastiera”: “Mi fai vomitare”,  “Sei bruttissima”, “Meriti di marcire” e tanti altri. La stessa De ammette che “tutto questo disprezzo non ci sarebbe stato se il protagonista della foto fosse stato un uomo”.
Perché una donna non può scegliere come mostrarsi in pubblico senza essere giudicata? Perché deve rispettare dei canoni di perfezione da diva hollywoodiana (o da casalinga degli Anni Cinquanta, punti di vista)?

La vita non è un continuo concorso di bellezza, ma per le donne spesso è ancora così. Per alcune la paura di vedersi brutte, sciatte e vecchie si può trasformare in un’ossessione che può portarle anche alla morte: basti pensare ai disturbi alimentari o ai rigetti di protesi e sostanze tossiche da parte del corpo modificato. Senza sessismo avremmo un mondo migliore, dove tutti saremmo visti come delle persone con lo stesso diritto di apparire come possiamo e come vogliamo essere.
Neifile

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