"Daremo a loro [ai cittadini] la possibilità di scegliere il nome più legato alla città e alle sue tradizioni"un elemento di novità ha colpito il sondaggio pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Difatti tra le varie opzioni, tra ex sindaci e piatti tipici, spunta la possibilità di intitolare il ponte ad Harambe.
Ma chi è Harambe? Se non ve lo ricordate evidentemente non siete stati travolti dalla scia di meme che hanno per protagonista proprio lui: il gorilla dello zoo di Cincinnati, in Ohio, ucciso a fine maggio, nel tentativo di salvare un bambino caduto nel suo spazio vitale.
Sarebbe bastato sedarlo? Sono state adottate le dovute misure uccidendolo? Non abbiamo una risposta certa a queste domande, sappiamo solo con certezza che l'opinione pubblica si è spaccata. E taluni, movimenti animalisti in primis, considerando la morte dell'animale eccessivamente preventiva, hanno continuato a discutere, animatamente sui social, sui blog e sui forum, di quanto successo. Forse anche troppo animatamente. Tanto che qualcuno, in verve di prendere in giro chi era rimasto tanto turbato dalla morte dell'animale, ha continuato a rilanciarlo, e rilanciarlo, e rilanciarlo, fino a farlo diventare virale. A tutti gli effetti un meme di internet.
Pensate che qualcuno lo voleva, con una petizione, sulla banconota da 50 dollari (potete controllarlo qui https://petitions.whitehouse.gov/petition/make-harambe-new-face-50-bill),
e qualcuno voleva fosse creato un Pokémon, dalla Nintendo, per commemorarlo (https://www.change.org/p/nintendo-make-harambe-a-pok%C3%A9mon). Cose che tuttavia di commemorativo avevano ben poco. Erano solo un modo di canzonare, di sfottere e deridere chi aveva visto nella morte dell'animale una profondissima ingiustizia sociale, con spropositato moto di commozione.
Ovviamente come spesso accade, nell'era dei meme, si tende ad annacquare il fenomeno fino allo stremo. Come fu di Di Caprio e l'Oscar mancato, ad esempio: tanto ripetuto, tanto abusato, dal finire con il destare nausea e noia ogni volta che si ripresentava. Una battuta che si sa già come andrà a chiudersi... a volte non è necessario che venga scritta. E così fu di Harambe: più il fenomeno andava avanti, più divagava, più perdeva contatto con la vicenda originaria, diventando, ogni occasione, solo un modo per rilanciare il tormentone. Non era più la presa in giro, che i buontemponi rivolgevano a chi trattava la vicenda con eccessivo cordoglio, ma il mero e spurio pretesto di citarlo ad ogni costo. Sia il modo più o meno fantasioso. Sia il risultato più o meno divertente. E ad un certo punto, semplicemente, non lo era più.
E questo quello che è successo a Bari. Cosa ha a che fare un ponte con il gorilla? Nulla di nulla. È diventato solo un modo per tirar fuori il meme, per esasperarlo,
coinvolgendolo nelle situazioni più disparate. E più diventa noto, più altre persone si accodano, innescando una dimensione esponenziale del fenomeno.
L'opzione è stata spuntata prima della chiusura ufficiale del sondaggio. La rete è dispiaciuta, ovviamente. Di certo sarebbe stato curioso vedere come ha reagito l'amministrazione, scoprendo la strana provenienza di quel nome, che aveva raggiunto quasi il 50% di preferenza.
Infine un utente su un forum mi ha sollevato una interessante riflessione che vi riporto. A volte intere aziende, brand e influencer, investono tempo, denaro, e le proprie conoscenze in tema di web marketing, per cercare di rendere virali i propri post. Mi viene in mente la Blendtec, nota in tutto il web per i suoi frullatori (e il suo Will It Blend?). Ma questo caso, è uno di quei pochi, in cui la stessa utenza, si mobilita e rilancia de sé il fenomeno, senza nessun input.
Sarà davvero così? Magari farà proprio parte del mito che il gorilla Harambe, porta con sé.
- Superman
Nessun commento:
Posta un commento